IL DISASTRO AEREO DEL 26 GIUGNO 1959 A OLGIATE OLONA

 

Le settanta vite immortali del 26 giugno 1959

 
 

Paul Sidney Grade (50 anni)

 

Nato a San Diego in California (USA) il 13 marzo 1909 da Carl Otto Albert Grade (1868-1930, nato in Prussia), e Caroline Temperance Wales (1879-1957, originaria dell’Ohio). Comandante pilota dell’aereo, alla data della sciagura era da diciannove anni in servizio alla TWA: vi entrò a far parte il 5 giugno 1940 e fu promosso Capitano il 17 luglio 1942. Dal 1952 faceva parte dei voli internazionali e per tale motivo considerato un veterano delle rotte internazionali. Prima di approdare alla TWA nel 1940, aveva volato per la Pan American e per la compagnia hawaiiana Inter-Island Airways (diventata poi Hawaiian Airlines). Durante la Seconda Guerra Mondiale venne arruolato nell’Aeronautica militare degli Stati Uniti. Si sposò con Marjorie H. Mullenbach (1909-2001), da cui ebbe tre figli: Margot C. (classe 1938), Peter (1939-2009) e Angela L. (1950-1951). Nel 1952 si risposò con Geneva Vranizan, hostess di volo della TWA.

Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a Santa Monica (California). Le spoglie di Paul Sidney Grade riposano nel Hollywood Forever Cemetery, Hollywood, Los Angeles County, California.

 

 

Paul Sidney Grade capitano della Inter Island Airways nelle Hawaii, USA, alla fine degli anni ’30

 

 

Paul Sidney Grade capitano della Inter Island Airways nelle Hawaii, USA, alla fine degli anni ’30

 

 

Paul Sidney Grade davanti ad un DC-3 in una foto del 1948

 

Jack Davis (39 anni)

 

Nato a Decatur nell’Illinois (USA) il 1° gennaio 1920 da Dee Davis (impiegato nel reparto manutenzione dell’American Airlines) e Josephine Blakeney. Jack Davis abitava a Westchester (Illinois) ed era entrato a far parte della TWA nel 1942. Il 6 novembre 1944 sposò Ellen Jo Bergman. Davis venne assegnato ai voli internazionali solo pochi mesi prima della sciagura.

Il Cap. Jack Davis il 26 giugno 1959 viaggiava in qualità di passeggero non pagante sull’aereo del volo TWA 891 schiantatosi a Olgiate Olona, non faceva quindi parte dell’equipaggio in servizio. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a Broadview (Illinois). Jack lasciò la moglie Ellen Jo Bergman (1923-2010) e due figli, Scott Dee (12 anni) e Gary Jack (10).

 

 

1942 - Il Cap. Jack Davis

 

 

6 novembre 1944 - Jack Davis e Ellen Jo Bergman il giorno del matrimonio

 

 

1957 - Jack Davis con la moglie Ellen Jo Bergman

 

Frank William Ellis (29 anni)

 

Pilota, primo ufficiale in servizio sul volo 891 del 26 giugno 1959, nato a Peabody (Massachusetts, USA) il 7 marzo 1930 da Arthur Tomas e Louise Frances Doyle. Completava la famiglia il fratello Arthur T. (classe 1926). Frank William si laureò al Boston College. Completò la sua formazione nel Air National Guard nel 1951 e il 2 maggio 1955 entrò in servizio alla TWA; nel 1957 venne assegnato ai voli internazionali. Al tempo del disastro aereo abitava a Rowley nel Massachusetts.

Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita nel paese natale. Frank William Ellis lasciò la moglie Margaret Rose e le figlie Susan (3 anni) e Kathleen (1).

 

 

Frank William Ellis

 

1951 - Frank William Ellis al Boston College

 

26 giugno 2016 - Kathleen Ellis, figlia di Frank W. Ellis

 

La commemorazione del volo TWA 891 del 26 giugno 1959

 

Harry Louis Stanton (43 anni)

 

Nato a Denver nel Colorado (USA) il 26 ottobre 1915 da Harry Louis Stanton ed Elisabeth Jane McCrone. Harry Louis Stanton entrò in servizio alla TWA il 6 luglio 1945 dopo aver servito la patria nella seconda guerra mondiale come istruttore a Chickasha nell’Oklahoma (USA); venne promosso Capitano il 7 giugno 1956. Abitava a Seaford, New York. Harry Louis e sua moglie Glenrose si erano conosciuti in giovane età ed erano cresciuti assieme a Denver per poi sposarsi poco tempo dopo aver conseguito la laurea nel 1936.

Pilota aggiunto sul volo 891 del 26 giugno 1959, dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I resti di Stanton vennero poi trasferiti a Wantagh Long Island, New York. Harry Louis Stanton lasciò la moglie Glenrose e il figlio Kenneth di 14 anni.

 

 

1956 - Harry Louis Stanton nella cabina di pilotaggio

 

 

1956 - Harry Louis Stanton (il primo a sinistra in alto) assieme ad alcuni colleghi di fronte a un aereo della TWA

 

 

1956 - Harry Louis Stanton (il primo a sinistra in alto) assieme ad alcuni colleghi

 

Donald Albert Lueke (41 anni)

 

 

1947 - Donald Albert Lueke, tecnico di volo

Nato a Saint Louis nel Missouri (USA) il 9 gennaio 1918 da Henry Daniel Lueke (1878-1954) e Marie Evelyn Farber (1888-1964). Aveva un fratello, Robert Oliver (1914-1992) e una sorella, Gladys Ruth (1920-2008) conosciuta come “Sunni”. Donald Albert Lueke era sposato con Virginia Rita Swofford (1917-2001). Approdò alla TWA il 16 febbraio 1940 e diventò tecnico di volo il 3 luglio 1946; vantava tredici anni di servizio nei voli internazionali.

Il 26 giugno 1959 era tra i membri dell’equipaggio dello sfortunato Super Constellation L-1649A Starliner del volo 891 Atene-Chicago. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a Kansas City il 4 Luglio 1959. Donald Albert Lueke riposa nel Cemetery of the Resurrection, Lenexa, Kansas. Lueke lasciò la moglie e quattro figli, Donald, Carl, Janice, and Roberta.

 

Quella che segue è la biografia-necrologio pubblicata nel 1959 sul giornale Turner Life di Kansas City - come si vedrà, era diretto dalla madre di Donald Albert Lueke - e scritta da Virginia Swofford Lueke, vedova del tecnico di volo. Questo documento ci è stato consegnato da Donald Edward Lueke, uno dei figli di questa vittima di nazionalità statunitense, in occasione della Commemorazione del 2009. La traduzione recita:

 

«Donald Albert Lueke, tecnico di volo, era uno dei nove membri d’equipaggio che, insieme con cinquantanove passeggeri, hanno perso la vita nel fatale disastro aereo della TWA di venerdì 26 giugno 1959, vicino a Milano, Italia.
L’aereo, un Constellation Jetstream, stava tornando negli USA; partito da Atene-Grecia, fatto scalo in Italia all’aeroporto della Malpensa, poco dopo il decollo si è verificato l’incidente. L’ultimo segnale radio ricevuto dall’aereo, in base al rapporto, conferma che era a diecimila piedi di altezza. Un terribile temporale estivo si è scatenato causando il disastro, anche se ci sono dubbi che la causa di tale incidente sia da attribuire al temporale e ai fulmini.
Subito dopo la caduta dell’aereo l’arcivescovo di Milano cardinale Giovanni Battista Montini, è arrivato nel luogo del disastro con don Gaetano Sirtori per la benedizione alle vittime. Dopo l’identificazione dei corpi, le sessantotto salme sono state portate nella piccola chiesa del paese vicino, Busto Arsizio, dove gli abitanti hanno potuto rendere loro omaggio la mattina seguente. Le bare sono state allineate sul pavimento mentre si svolgeva la funzione funebre, dopo sono tornate al loro domicilio per la sepoltura finale.

Don
[ossia Donald Albert Lueke, ndr] era nato il 9 gennaio 1918 a Saint Louis; era figlio di Turner Henry D. Lueke, morto l’11 giugno 1954, e di Turner Marie E., editore del Turner Life.
Aveva frequentato la palestra North St. Louis Turners ricevendo una medaglia per i dieci anni di regolare frequentazione.
Era stato anche membro dei Boy Scout e già in giovane età mostrò un profondo interesse per l’aviazione vincendo diversi trofei per i suoi contributi nei Model Airplane Contests. Ricevette un riconoscimento speciale per l’originale design dell’aliante a sei piedi definito “dal design eccezionale”.
Il suo amore per gli aeroplani è continuato durante gli anni della scuola; dopo i diplomi conseguiti alla scuola elementare Lowell e al liceo Beaumont, ha continuato gli studi di aviazione a Kansas City, Washington e California, diventando pilota e tecnico di volo.
Si era sposato il 17 giugno 1939 con Virginia Rita Swofford, figlia di Carl Swofford di East St. Louis, Illinois, e nel febbraio del 1940 era andato a lavorare per la TWA a Kansas City, dove lui e la moglie si stabilirono.
Durante la guerra fu trasferito a Washington per un lavoro speciale e dopo la guerra lui e la famiglia tornarono a Kansas City. Successivamente, acquistò una nuova casa a Mission, Kansas.
Prima della promozione a tecnico di volo internazionale, Don lavorò su voli nazionali. Da quando ricevette il nuovo incarico, viaggiò in luoghi molto lontani amando il lavoro con profonda devozione.
Sempre attivo, trovava grande gioia nel lavorare con i bambini e, dopo essersi insediato a Mission, Kansas, fondò un gruppo di Boy Scout, n. 184, legato alla Chiesa che servì da capo scout.
Dopo l’intensificarsi dei suoi viaggi fu difficile per lui mantenere la carica di capo scout e nominò un successore, continuando, però, il suo lavoro coi ragazzi fino a quando il gruppo crebbe uscendo dall’età dei Boy Scout. Organizzò un Explorer Post diventando consigliere del gruppo: uno dei suoi ultimi desideri fu trascorrere un venerdì notte in campeggio coi ragazzi ritornando a casa il sabato; il giorno successivo, domenica, partì per New York. Telefonò alla sorella prima di lasciare gli Stati Uniti nel suo ultimo volo.
Don è stato amato e manca molto a sua moglie Virginia, ai quattro figli - Donald E. 17 anni, Carl Henry (Skippy) 14 anni, Janice Marie 12 anni, Roberta Kay, 10 anni - a sua madre Marie E. Lueke, al fratello Robert O. Lueke e alla sorella Gladys Ruth Lueke (sposa di Kermitt M. Patton di Briarcliff Manor, New York), a tutti i parenti e ai tanti amici.
Le sue spoglie sono arrivate con l’aereo a Kansas City il 4 luglio e sono state prese in carico dalle onoranze funebri Melody Mc.Gilley Eylor. Una messa di suffragio si è svolta lunedì 6 luglio alle ore 9 nella chiesa di San Pio X a Mission; la bara - avvolta dalla bandiera - è stata portata dai sei tecnici di volo: Harold Wright, Robert Gaughan, Howard Hansen, Ivan Lyon, Joe Leonardo e Dale Bebee che si erano laureati tecnici di volo nella stessa classe di Don.
I capi scout hanno portato la bara mentre i boy scout hanno formato la scorta d’onore. È stata suonata la tromba dal trombettiere del gruppo mentre Don veniva sepolto nel nuovo cimitero della Resurrezione dove, qualche mese prima, aveva portato i suoi Boy Scout per la cerimonia di dedicazione
».

 

 

1947 - Donald Albert Lueke al pannello FE

 

La lettera scritta nel 1959 alla famiglia Lueke dal cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano: il futuro papa Paolo VI, ora Santo

23 ottobre 2018 - Donald Edward Lueke di Kansas City (Missouri, USA), figlio di Donald Albert Lueke (membro dell’equipaggio dell’aereo del disastro aereo di Olgiate Olona), condivide con chi ha a cuore le settanta vite immortali un documento prezioso: la lettera del 1959 con cui il cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano e futuro papa Paolo VI, rispose a sua madre Virginia Lueke che in una precedente missiva lo aveva ringraziato per essere accorso sul luogo della sciagura la sera del 26 giugno 1959. Il presule ambrosiano scrisse: Esprimo le mie vive condoglianze per la tragica morte di Suo Marito Donald A. Lueke, nel disastro aviatorio del 26 giugno a Olgiate Olona. E vivamente La ringrazio della Sua lettera del 14 luglio e del pio ricordo del Suo caro Defunto. Pregherò ancora per il riposo eterno di Lui; e pregherò anche per Lei, Signora, e per la Sua Famiglia, affinché Dio conceda conforto, merito, speranza in così grande dolore. Con la mia benedizione ed il mio rispettoso saluto mi dico Suo devotissimo + G.B. card. Montini Arcivescovo. La lettera è ancor più preziosa e significativa oggi, dopo che il 14 ottobre 2018 papa Paolo VI è stato proclamato Santo.

Lettera del cardinale Giovanni Battista Montini alla famiglia Lueke

 

John Victor Powell (39 anni)

 

Nato a Kansas City nel Missouri (USA) il 14 settembre 1919 da Victor B. e Mayme Elisabeth Skinner. John Victor Powell era uno dei tecnici di volo in servizio sul volo 891 del 26 giugno 1959. Entrò a far parte della TWA nel 1943 nel reparto manutenzione e nel 1948 divenne tecnico di volo con base a Kansas City. Conobbe sua moglie, Thelma M. Brilke, a Kansas City mentre lei era la segretaria del sovrintendente dei tecnici di volo, tra il 1948 e il 1951. Thelma divenne poi hostess di volo e lasciò la compagnia nel 1952, anno del matrimonio con John Victor. John Victor e Thelma abitarono al Cairo tra il 1952 e il 1955.

Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la salma di Powell fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I suoi resti vennero poi trasferiti a Lexington nel Missouri. John Victor Powell riposa nel cimitero di Machpelah, Lexington, Missouri. John Victor lasciò la moglie e due figli.

 

 

John Victor Powell

 

1952 - John Victor Powell e Thelma M. Brilke il giorno del loro matrimonio

 

Edmond Mouchnino (38 anni)

 

 

Edmond Mouchnino

Francese, nato a Oran (Algeria) il 26 febbraio 1921 da Sadic e Josephine Medioni. Prima di entrare a far parte della TWA nel 1950, Edmond Mouchnino si era distinto nell’esercito francese durante la seconda guerra mondiale ed era stato di grande aiuto alle forze alleate con i suoi servizi da interprete: parlava ben sei lingue.

Responsabile degli assistenti di volo in servizio sull’aereo, il 26 giugno 1959, all’aeroporto Parigi-Orly sarebbe sceso dal Super Constellation poichè era previsto un cambio di parte dell’equipaggio. La sua salma raggiunse l’ufficio della Twa dell’aeroporto di Parigi-Orly. Edmond lasciò la moglie e due figli.

 

Marguerite Fay (27 anni)

 

 

Marguerite Fay

Nata a Cannes (Francia) il 25 settembre 1931 da Georges e Antoniette Conchon. Marguerite Fay studiò nella sua città natale e a Nizza. Nubile, entrò a far parte della TWA nel marzo del 1954. Al tempo della sciagura aerea era residente a Parigi.

Il 26 giugno 1959 era una delle hostess in servizio sull’aereo; all’aeroporto di Parigi-Orly sarebbe scesa dal Super Constellation poichè era previsto un cambio di parte dell’equipaggio. La sua salma raggiunse l’ufficio della TWA all’aeroporto di Parigi-Orly. Marguerite lasciò i suoi genitori ed una sorellastra al tempo hostess di Air France.

 

 

Giugno 1954 - Marguerite Fay (la prima a destra) assieme ad altre colleghe hostess della TWA

 

Jacqueline Jaussen (23 anni)

 

 

Jacqueline Jaussen

Nata a Bordeaux il 15 giugno 1936 da Georges e Janne Chabigrand. Residente a Cannes, nubile, giovane, piena di vitalità, fece parte della Croce Rossa francese in cui si distinse per le proprie qualità.

Hostess in servizio sull’aereo, entrò in servizio alla TWA il 19 maggio 1959, un mese prima della sciagura. Dopo il disastro aereo del 26 giugno 1959 i mass media annotarono che l’orologio da polso rinvenuto sul suo cadavere (abbracciato a quello di Mary Belknap) era fermo sulle 17.33, l’ora esatta in cui avvenne la tragedia. All’aeroporto Parigi-Orly sarebbe scesa dal Super Constellation, poichè era previsto un cambio di parte dell’equipaggio. All’udire la notizia del disastro aereo, con voce rotta e trattenendo a stento le lacrime uno degli Stewards della sede parigina della TWA ricordò: «Jacqueline era tutta grazia e delicatezza. Snella, bionda, con due grandi occhi sognanti... Era così piena di vita che rifiuto di credere ancora all’irreparabile». La sua salma raggiunse l’ufficio della TWA dell’aeroporto di Parigi-Orly. Jacqueline lasciò i due genitori.

 

Govie Bebee Allbritton Jr. (38 anni)

 

Nato a Natchitoches in Louisiana, USA, il 13 novembre 1920 da Govie Bebee (1898-1973) ed Emma Delilah Clanton (1900-1963). Completava la famiglia il fratello Donald James (1922-1935) morto in giovane età.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a New York City. Govie Bebee Allbritton Jr. riposa nel cimitero di Forest Lawn, Shreveport, Louisiana, USA.

 

Leonardo Armanetti (53 anni)

 

Italo-americano, nato il 28 ottobre 1905 a Triggiano (Bari), figlio di Gaetano Armanetti e Luisa Merola. Leonardo Armanetti emigrò a Chicago (USA) nel 1917 e nel 1942 si trasferì a Barrington nell’Illinois (USA). Era il presidente della Armanetti Liquors, un’affermata catena di negozi della grande area di Chicago specializzati nella vendita al dettaglio di vini e liquori.

Il 26 giugno 1959, al termine di un viaggio d’affari, si imbarcò sul volo 891 della TWA all’Aeroporto di Roma Ciampino, accompagnato dal suo miglior amico Basilio Lombardi, un direttore della stessa azienda. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959.
Leonardo lasciò la moglie Jennie Di Leo Armanetti (1907-2002), e i figli Guy (1932-1963) e Louise Anne (1936- ). Le sue spoglie riposano nel cimitero di St. Joseph a River Grove, Illinois.

 

 

Leonardo Armanetti

 

1956 - Leonardo con la figlia Louise

 

Mio nonno, di Angelo Capozzi (2009)

Angelo non ha conosciuto suo nonno, ma ha condiviso con noi le memorie di famiglia durante la commemorazione del 50° del disastro aereo:

Mio nonno, Leonardo Armanetti, emigrò a Chicago dove fondò una azienda di successo dedita alla vendita di liquori. Era una grande presenza in famiglia e la fattoria a Barrington era il luogo di ritrovo per le feste in famiglia: in quella proprietà Leonardo e Jennie avevano appena costruito la loro seconda casa con piscina. Tutto era pronto per festeggiare il compleanno di mia nonna e il ritorno a casa di Leonardo. Dall’Italia, appena prima del suo ritorno, mio nonno aveva scritto una lettera che terminava con queste parole: “Non vedo l’ora di riabbracciarti.” Mia nonna apprese del disastro alla radio. All’epoca mia madre aveva 23 anni e lesse sul giornale di Chicago la notizia della sciagura. I due fratelli superstiti di Leonardo, che si imbarcarono su un volo successivo della TWA quello stesso giorno per rientrare dall’Italia, vennero a conoscenza del disastro aereo durante uno stop di rifornimento a Newfoundland. Jennie non si è più risposata dopo la morte di mio nonno. È deceduta nel 2002 mentre abitava con noi in California.

 

 

Bari, 1906 - Leonardo Armanetti in braccio al nonno

Ricordo di mio padre, di Louise Anne Armanetti Capozzi (2009)

Leonardo Armanetti nacque il 28 ottobre 1905 a Triggiano in Italia. Il padre di Leonardo, Gaetano Armanetti, era un musicista e trovò lavoro negli Stati Uniti in una band italiana in cui suonava il saxofono e il clarinetto. Era solito fare ritorno in Italia una volta all’anno e sempre tentava di convincere la moglie Luisa a emigrare con lui negli Stati Uniti. Luisa esitò sempre, a causa della sua riluttanza a lasciare la madre e la sorella. Durante la prima Guerra Mondiale Luisa alla fine si convinse a seguire Gaetano negli Stati Uniti assieme alla madre e alla sorella. La madre, Luisa, e i tre fratelli più giovani di Leonardo, Franco, Lucilla, e Stella, assieme alla loro nonna e alla zia, partirono da Napoli il 1° aprile 1917, sul transatlantico “Dante Alighieri”.
Arrivati a New York trascorsero sette giorni a Ellis Island. Dopo che il padre Gaetano dimostrò di essere finanziariamente in grado di badare alla propria famiglia, il 28 aprile 1917 partirono alla volta di Chicago. Gaetano aveva rinunciato alla sua carriera di musicista e lavorava come sarto presso Mandel Brothers, un grande magazzino nel centro di Chicago. Leonardo aveva allora 12 anni e venne ammesso alla terza elementare poichè non sapeva parlare inglese. Dopo il primo anno di scuola decise di abbandonare gli studi e andò a lavorare presso un’azienda ferroviaria in qualità di operaio, come tanti immigrati italiani a quel tempo, considerato anche la mancanza di leggi contro il lavoro minorile. All’età di 18 anni andò a lavorare in una macelleria di Chicago. Durante quel periodo Leonardo si impegnò ad istruire se stesso, frequentando corsi serali ed esercitandosi da solo nella lettura.

 

 

28 settembre 1930 - Leonardo Armanetti e Jennie Di Leo si sposano a Chicago

Col passare del tempo Leonardo risparmiò abbastanza denaro da comprare un negozio di alimentari nel quartiere italiano di Chicago, ricevendo anche un aiuto finanziario da suo padre. Era anche un lottatore dilettante e diventò semi-professionista appena dopo i vent’anni.
In quel periodo, mentre lavorava come macellaio, conobbe Jennie Di Leo. Leonardo e Jennie si sposarono nel 1930. Il loro primogenito fu un maschio, Guy, nato nel 1932, seguito da una figlia, Louise, nata nel 1936.
Leonardo fu molto generoso con la sua famiglia e cercò di impiegare tutti i suoi familiari nel suo negozio di alimentari. Sempre parlò ai suoi figli delle bellezze naturali e culturali dell’Italia. Si rese conto presto dei grandi contributi che l’Italia stava dando all’arte, alla moda, al cibo, al vino e alla musica. Era grato di essere un americano, date le opportunità economiche che quella terra gli aveva offerto, ma sempre provò un grande amore per la sua terra natale.
Dopo l’abrogazione del proibizionismo nel 1933, Leonardo cominciò ad aggiungere vini e liquori ai prodotti in vendita nel suo negozio. Visto il successo delle vendite di vini e liquori, decise di concentrarsi su questi prodotti e avviò un’attività di vendita che nel 1959 contava ventuno negozi nell’area di Chicago.

 

 

Chicago, 1935 - Leonardo Armanetti e il suo negozio di alimentari

 

Leonardo sognava di possedere una fattoria in campagna, e nel 1942 acquistò 160 acri e la Pomeroy Farm a Barrington, nell’Illinois. La famiglia si trasferì là quello stesso anno e tutti i membri della “Armanetti family” hanno ottimi ricordi della “farm”. Nella fattoria si tennero tutte le vacanze e i ritrovi in famiglia, compresi i nonni, le zie, gli zii e i cugini.
La vocazione di Leonardo era l’agricoltura e il giardinaggio. Niente lo faceva sentire più felice di quando era sul suo trattore a lavorare nei campi con i suoi assistenti. La fattoria comprendeva anche una zona paludosa che venne trasformata in un lago nel 1952.
Nel 1953 Leonardo portò la sua famiglia in Italia per un lungo tour e per far conoscere i suoi familiari ai parenti di Bari. Tutti gli anni a seguire Leonardo e Jennie si recarono in Italia per due mesi ogni estate con la nave (con la “Cristoforo Colombo”, la “Leonardo da Vinci”, e la sventurata “Andrea Doria”, nell’ultimo viaggio prima del suo affondamento). Viaggiarono sempre insieme a Basilio e Florence Lombardi. Basilio era seduto accanto a Leonardo sul fatidico volo TWA del 26 giugno, dato che i due erano migliori amici.
Nel giugno del 1959 Leonardo stava facendo un tour del vino per l’Italia con la Spirits Guild of America. I suoi fratelli e Basilio facevano parte del gruppo. Per il volo di ritorno si ritenne poco conveniente che i quattro viaggiassero tutti insieme sullo stesso aereo. Il 26 giugno 1959 Leonardo e Basilio volarono da Roma a Milano, per poi proseguire il viaggio sullo sventurato aereo della TWA che ripartì quel pomeriggio dall’Aeroporto della Malpensa.
La tragedia devastò la sua famiglia e la moglie non si riprese mai del tutto da quel dispiacere. Leonardo aveva 53 anni ed era pieno di vita, aveva molti progetti che purtroppo rimasero irrealizzati. Ricordi bellissimi di un uomo molto speciale vivono nei cuori della sua famiglia e degli amici più cari.

 

 

Estate 1945, “Pomeroy Farm”, Barrington, Illinois (USA) - Foto di famiglia: Leonardo e Jennie Armanetti insieme ai figli Guy e Louise Anne e al loro cane ‘Donna’

 

26 giugno 2020 - Angelo Capozzi, nipote di Leonardo Armanetti

 

Caro Nonno: in ricordo del nonno che non ho mai conosciuto – volo TWA 891

 

Mary Belknap (10 anni)

 

Nata a Yakima (Washington, USA) il 6 giugno 1949 da Donald Robert Belknap (1922-1991) e Margaret Elverna Thompson (1917-2012).

Al tempo della sciagura Mary viveva con la famiglia in Italia, in quanto il padre era impiegato all’Ambasciata Americana a Roma; frequentava la American Overseas School. Il 26 giugno 1959 all’aeroporto di Roma-Ciampino Mary venne affidata dai genitori ai membri dell’equipaggio dell’aereo. Stava viaggiando diretta a Chicago dove ad attenderla c’era la nonna [nota: alcuni giornali italiani riportarono erroneamente la notizia che era il padre ad aspettarla a Chicago]: insieme sarebbero andate nell’Oregon per trascorrere alcune settimane a Wallowa Lake dove avrebbero fatto passeggiate a cavallo.

 

 

Mary Belknap (giugno 1959)

Dopo l’incidente i soccorritori trovarono il corpo di Mary abbracciato a quello della hostess Jacqueline Jaussen, la quale tentò di proteggere la piccola nel tragico momento della morte imminente.
La salma della bambina nel 1959 fu sepolta nel cimitero Acattolico di Roma, nella cui “zona vecchia” la tomba è ancora ubicata.
Mary lasciò il padre, la madre e i due fratelli John Robert e Bruce.

Dal 2012 i resti di Margaret MacKallor Belknap (madre di Mary) riposano assieme a quelli della figlia nel cimitero Acattolico di Roma.

 

Questa foto, scattata la settimana prima del disastro aereo del 26 giugno 1959, era contenuta nel breve articolo dedicato a Mary (vedi sotto) pubblicato sulla rivista americana Newsweek del 6 luglio 1959. Il fratello di Mary, Bruce Belknap, ci ha gentilmente fornito una copia della rivista.

 

Quello che segue è un breve articolo dedicato a Mary Belknap, pubblicato sulla rivista americana Newsweek del 6 luglio 1959. Fu scritto da Bill Pepper, corrispondente dell’ufficio di Roma del Newsweek e conoscente della famiglia di Mary.

 

Gli ultimi, felici istanti.

 

La scorsa settimana in un pomeriggio di sole, due bambine giocavano a “cavalli” in un giardino di Roma - due bambine americane. Una di loro era Mary Belknap, 10 anni, figlia di un impiegato all’Ambasciata degli Stati Uniti; l’altra era Jorie Pepper, figlia di un corrispondente americano. Le bambine erano “amiche del cuore”, e stavano saltellavano su e giù, gridando «hiiii... hiiii”, i loro capelli erano come criniere al vento, nella brezza che muoveva i pini tutti intorno. «Questa sera volerò a Chicago per andare a trovare mia nonna e mio nonno», disse Mary alla sua amica. Si trattava di un’informazione superflua per le due bambine, dal momento che erano settimane che parlavano di quel viaggio. Ma - a 10 anni - il ripetere è l’arte della conversazione.
«Vorrei tanto venire con te», disse Jorie. «Potremo giocare a cavalli per tutto il viaggio. Poi quando saremo a Chicago, potremo mostrare anche a tua nonna e tuo nonno come si fa».
Avevano smesso di giocare già da un po’ quando ad un tratto Mary fece un’osservazione: «Giocare a cavalli su un aereo mi farebbe diventare un vero cavallo volante». Quando per Mary arrivò l’ora di partire, Jorie le disse: «Ricordati che hai promesso di scrivermi e di raccontarmi se si può giocare a cavalli sull’aereo». Mary rispose: «Lo farò».
All’aeroporto di Roma-Ciampino Mary diede un bacio di addio ai suoi genitori e salì tutta sola sul grande aeroplano. Era carica di regali - un libro illustrato, un orsacchiotto, una bambola.

Morte nella pioggia. L’aeroplano, un Constellation della TWA, decollò e si diresse verso nord. Atterrò a Milano per far salire altri passeggeri, quindi partì per il suo lungo volo verso New York. Erano le 5:35 del pomeriggio e pioveva forte.
Poi, pochi secondi dopo essere partito dall’aeroporto, a soli 2.000 piedi d’altezza e ben visibile alle migliaia di persone della regione altamente popolata a nord-ovest di Milano, l’aereo prese fuoco. La piccola Mary Belknap non ebbe modo di giocare al cavallo volante.
«Un’ala si è staccata», raccontò un testimone a terra, «e poi l’aereo è esploso. È esploso così, in una palla di fuoco».
I militari italiani trovarono tutte le 68 persone a bordo (tra cui 34 americani) morte tra i rottami dell’aereo, giacenti nei pressi di un bosco di alberelli di betulla. Nella fusoliera ritrovarono alcuni giocattoli che avrebbero potuto appartenere a qualsiasi bambino del mondo - un libro illustrato, un orsacchiotto, una bambola.

 

Spunta un dettaglio struggente sul 26 giugno 1959 dai giornali dell’epoca; lo riportò su l’Unità del 27 giugno 1959 Salvatore Conoscente, uno dei cronisti giunti a Olgiate Olona sul luogo della sciagura: “Vicino ai resti dell’aereo è stata trovata una bambola Lenci, grande, bionda, della sua padroncina, Mary Belknap, di dieci anni”.
Dunque, la bimba statunitense salita sull’aereo a Roma-Ciampino faceva ritorno a casa con un giocattolo italiano doc: una delle bambole in panno lenci prodotte dal 1929 dalla Lenci di Torino, già famose negli anni Cinquanta del Novecento e tuttora oggetti da collezione di grande valore.

 

Augusta Benedetti (Augusta Pucci, 69 anni)

 

 

Augusta Pucci Benedetti

Italo-americana, nata il 4 gennaio 1890 da Pietro ed Emilia Pucci era originaria di Chiesina Uzzanese (Pistoia). Augusta Benedetti immigrò negli Stati Uniti nel 1911 assieme al marito Joseph (Giuseppe) Benedetti (classe 1888, anch’egli di origini italiane) da cui ebbe due figli, Dino (1911-1998) e Diana (nata nel 1926).

Il 26 giugno 1959, Augusta Benedetti, vedova, stava ritornando a casa dopo aver intrapreso il suo primo viaggio in Italia da quando era emigrata negli Stati Uniti. Si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. “Almeno, prima di morire, è riuscita a realizzare il suo sogno” disse Diana, figlia di Augusta, dopo il disastro aereo. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a Chicago (Illinois) dove Augusta risiedeva con la figlia.

 

Jacob Binder (57 anni)

 

Nato a New York City il 1° ottobre 1901 da Hyman e Sara Lechtblan.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e fece ritornò nella città natale dove l’uomo risiedeva. Jacob Binder lasciò il fratello Sol e la sorella Rose.

 

Anna Maga (Anna Maria Adele Boaro, 64 anni)

 

Italo-americana, era nata ad Ivrea il 21 luglio 1894 da Francesco Boaro e Mariana Reano. Nel febbraio del 1921 Anna Maga emigrò negli Stati Uniti, partendo dall’Italia con il figlio Oscar Edward (1917-1987) per raggiungere il marito Michele Maga (1893-1977), originario di Scarmagno (Torino), emigrato l’anno prima e residente a Forbes nel Colorado. Alla fine dello stesso anno nacque il secondo genito di Michele e Anna, Harold F. (1921-2007). Qualche anno più tardi la famiglia si trasferì a Glendale, Los Angeles, California.

Il 26 giugno 1959 all’aeroporto della Malpensa Anna era salita sul Super Constellation della TWA per fare ritorno in America, dopo aver trascorso un mese di vacanza in casa del fratello e della cognata a Sant’Antonio di Ivrea. Insieme con lei sull’aereo erano salite due conoscenti, Katherine Germo e la figlia Mary Germo, che avevano invece trascorso un mese di vacanza in casa di parenti a San Giusto Canavese. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita nella città di residenza. I resti di Anna Maga riposano nel Forest Lawn Memorial Park di Los Angeles, California, assieme a quelli del marito Michele Maga.

 

William Edwin Buckley (53 anni)

 

Nato a Boston, Massachusetts, il 24 settembre 1905 da William Aloysius Buckley e Annie Cann. William Edwin era un ingegnere della Stone & Webster Inc. di Boston. Al tempo del disastro aereo era residente in Inghilterra, a Cottesmore Gardens, Kensington.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita nella città natale.
William Edwin lasciò la moglie Florence M. Lyons (1907-2004), il figlio William (22 anni) e due figlie, Joan (23) e Gail (18).

 

Rizieri Celli (42 anni), sua moglie Marfisa Bertolucci (24)
e la loro creatura non ancora nata

 

Italo-americano, Rizieri Valentino Giovanni Celli era nato a Galveston (Texas) il 27 novembre 1916, secondogenito di Rizieri Celli e Maria Biagi, originari di Verciano, un grosso borgo agricolo alle porte di Lucca. I suoi genitori erano partiti per l’America all’inizio del 1900, vissero a Brooklyn mettendo qualche soldo da parte ma non ebbero fortuna. Tornati al loro paese verso il 1930, si erano comperati un pezzo di terra per riprendere la vita di un tempo. Avevano otto figli, quattro maschi e quattro femmine.
In giovane età Rizieri e il fratello maggiore Sperandio decisero di partire per gli Stati Uniti con i pochi soldi raggranellati in famiglia e a New York comperarono un tassì. Guadagnarono con quel loro primo tassì quel tanto che bastava per comperarsene un secondo, quindi un terzo, finché divennero proprietari di un’intera autorimessa. Erano ragazzi con i piedi in terra e la testa a posto e la loro azienda prosperò rapidamente.
Passò del tempo e Rizieri e Sperandio decisero di cambiare lavoro: comperarono un albergo in riva al mare. Con la nuova attività riuscirono non solo a far quadrare i bilanci ma a mandare ogni mese un bel gruzzolo ai genitori rimasti a Verciano con gli altri fratelli. I pochi ettari che i vecchi Celli avevano comperato al ritorno dagli Stati Uniti ben presto si moltiplicarono, con i risparmi che i due giovanotti mandavano da New York.
L’albergo interessò i Celli per qualche anno, poi lasciarono anche quell’attività. Rizieri pensò allora ai pozzi petroliferi. Cedettero l’hotel e comperarono una pianura desolata nella zona di Galveston, nel Texas. Si accordarono con una società per le trivellazioni, e dopo qualche tempo trovarono il petrolio. La fortuna sembrava assisterli in ogni loro scelta. Al primo pozzo di petrolio ne seguirono altri, poi i fratelli Celli, ormai milionari, firmarono un contratto con una società petrolifera per lo sfruttamento del sottosuolo di tutto il loro terreno. Mandarono altri soldi in Italia e la proprietà nella valle del Serchio s’ingrandiva. Il cascinale poco fuori Verciano divenne una fattoria modello. I Celli divennero padroni di palazzi a Lucca, ma non mutarono le loro semplici abitudini. Erano i più ricchi del paese ma rimasero alla mano, come un tempo.
Da Galveston, Sperandio e Rizieri venivano spesso in Italia. Rizieri soprattutto: «Questa è la terra di mio padre», ripeteva spesso. Gli piaceva la pace di quella valle tra i monti dell’Appennino, il verde dei boschi che circondano la sua casa «italiana». Arrivava con la sua Chrysler bianca e gialla, enorme, da miliardario, che imbarcava sul suo stesso transatlantico e rimetteva in moto appena a terra.

 

 

Verciano, 12 gennaio 1959 - Rizieri Celli con la moglie Marfisa Bertolucci durante il pranzo nuziale

Marfisa Bertolucci era nata a Pescia (Pistoia) il 4 gennaio 1935 da Aladino e Irene Menconi. Residente con la famiglia a Massa Macinaia (Lucca), il 12 gennaio 1959 sposò Rizieri Celli di diciotto anni maggiore di lei. La loro storia pareva uscita dalle pagine di un romanzo: una delicata vicenda d’amore che aveva per protagonisti un uomo sicuro di sé, americano e miliardario, e una ragazza di paese dalla vita tranquilla, figlia di contadini.

Il 26 giugno Rizieri e Marfisa si imbarcarono sul Super Constellation all’aeroporto della Malpensa, diretti negli USA per prendere dimora nella loro nuova casa. Durante le operazioni di recupero delle vittime del disastro aereo iniziate all’alba di sabato 27 giugno 1959, i soccorritori fecero una amara scoperta: Marfisa era in stato di gravidanza e prossima al parto.

La creatura di Rizieri e Marfisa è quindi la 70° vita immortale del disastro aereo di Olgiate Olona.

«Voglio che mio figlio nasca negli Stati Uniti», aveva detto Rizieri Celli al parroco di Verciano. «Andiamo via in aereo e speriamo che il viaggio non faccia male a mia moglie». Era allegro, felice dell’imminente nascita. Dopo le esequie le loro salme lasciarono Busto Arsizio e furono portate nel cimitero di Verciano.

 

Da Una favola d’amore nel rogo dell’aereo, articolo di Vittorio Lojacono pubblicato su La settimana INCOM illustrata dell’11 luglio 1959

 

 

Verciano, 12 gennaio 1959 - Rizieri Celli al braccio della moglie Marfisa Bertolucci subito dopo la cerimonia nuziale

(...) Rizieri aveva quarantadue anni ed era ancora scapolo quando arrivò per l’ultima volta in Italia. Gli amici raccontano che si stringeva nelle spalle, sorridendo, quando qualcuno gli chiedeva perché non prendesse moglie. Forse la cercava, forse la voleva italiana. Incontrò Marfisa Bertolucci in un caffè di Lucca, proprio nella piazza centrale. La ragazza sedeva ad un tavolino col fidanzato, un commerciante di calzature. Lei, Marfisa, sapeva benissimo chi fosse quel signore stempiato che la osservava, la guardava con insistenza: era il «miliardario americano» di Verciano. I suoi genitori ne parlavano spesso in casa: erano stati anche loro a tentar la fortuna in America, ma con essi la sorte non si era mostrata benigna: tornarono infatti a Massa Macinaia, a pochi chilometri da Verciano, quasi più poveri di prima.
Il «miliardario» e la contadina si incontrarono di nuovo qualche giorno più tardi, poi si rividero ancora, finché Marfisa s’accorse di dover dare una spiegazione al fidanzato: non l’amava più, si era innamorata di Rizieri Celli.
Fu proprio in quel periodo che il Celli ebbe un attacco di cuore. Per un mese fu tra la vita e la morte e quotidianamente il parroco veniva a fargli visita, convinto di dovergli impartire da un giorno all’altro l’Estrema Unzione. E fu in quel periodo che Rizieri Celli s’accorse dell’intensità dell’affetto di Marfisa, sempre lì accanto a lui, addolorata, premurosa, distrutta da quella tensione.
«Padre, mi sposo», disse l’«americano» a don Domenico Fontana, il parroco del paese, appena i medici lo dichiararono fuori pericolo. Era felice di aver trovato una moglie come forse la sognava da anni: italiana, buona, semplice, affettuosa. Non importava se era figlia di poveri contadini. Aveva venticinque anni: gli avrebbe dato un figlio, avrebbe colmato la sua vita.
Il fidanzamento fece colpo in paese: le ragazze invidiarono Marfisa. Era la favola del principe azzurro che prendeva corpo, si avverava. Fu pochi giorni prima del matrimonio che un ragazzo di Massa Macinaia, Rodolfo Bartolini, tentò di estorcere due milioni al Celli. Se voleva salva la vita doveva gettare dal finestrino della sua auto, passando sotto gli archi del vicino acquedotto, un pacco con la somma richiesta. «Guai se avvertite la polizia: sono pronto a far fuoco», aveva scritto nel biglietto.
Rizieri Celli non si impressionò: «Io vivo in America», disse agli amici sorridendo. Andò a Lucca, in questura, raccontò ogni cosa e predispose lui stesso un piano per acciuffare il delinquente. Passò all’ora stabilita, gettò il pacco, poi gli agenti balzarono addosso all’autore della lettera: un ragazzetto di vent’anni che sognava di comperarsi una bicicletta da corsa. Chiedere cinquantamila lire gli sembrava troppo poco e aveva chiesto due milioni. Il pianto di quel ragazzo commosse il Celli che non volle denunziarlo e insistette perché la polizia non lo deferisse all’autorità giudiziaria. Riuscì a salvarlo. Gli regalò anche la bicicletta da corsa che sognava. «Sto per sposarmi», disse, «non voglio far del male a nessuno. Sono troppo felice».
Il matrimonio, nella piccola chiesetta di Verciano, fu un po’ la festa del paese. Don Domenico fece un piccolo discorso, esaltò la figura di Rizieri Celli e il significato più bello di quel matrimonio che univa un miliardario a una contadina. Ma il destino era in agguato: la fortuna che per anni era stata al fianco dell’«americano» ora stava per voltargli le spalle, pronta a colpirlo a tradimento.
Aspettavano un bambino, avrebbero voluto vedere in lui la conclusione più bella della loro storia d’amore, era l’unico scopo per cui valesse la pena di continuare a lavorare ancora, dopo l’agiatezza ormai raggiunta. Erano partiti apposta, per farlo nascere in America. È un sogno che è svanito, con loro, sulla brughiera di Olgiate, nel terribile rogo del «Superconstellation» schiantato dal fulmine.

 

Georgia Chioles (Georgia Mothonopoulou, 67 anni)

 

 

Georgia Chioles

Nata a Hora (Grecia) il 17 febbraio 1892, Georgia Chioles immigrò negli Stati Uniti nel 1911. Aveva sposato George Demetrios Chioles (1883-1947), anch’egli di origine greca, da cui ebbe due figlie, Thetis (1919-1998) e Nausicia Nancy (1920-2014).

Il 26 giugno 1959 salì sul Super Constellation ad Atene, stava facendo ritorno a Chicago dopo aver trascorso un anno in Grecia in visita ai parenti.
Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a Chicago (Illinois) dove Georgia abitava con la figlia Nancy. Documenti dell’epoca del disastro aereo confermano che i resti contenuti nella bara n°1 erano quelli di Georgia Chioles.

 

 

29 giugno 1959 - La bara n°1 contenente i resti di Georgia Chioles all’uscita della basilica di San Giovanni battista a Busto Arsizio al termine delle esequie solenni

 

In data 8 ottobre 2017, Vanessa Veleris (nipote) ci ha scritto:

«Grazie per la vostra mail. Io e mio marito siamo appena tornati (ieri) da un viaggio in Italia e Grecia. Grazie alle informazioni contenute nella vostra mail abbiamo visitato il memoriale circa 10 giorni fa. Per me è stata un’esperienza straordinaria, e desidero ringraziarvi per essere stati l’impulso che mi ha spinto ad intraprendere il viaggio. Non ho mai conosciuto mia nonna, la visita al memoriale me l’ha fatta sentire una “persona vera”. Vi chiedo gentilmente di tenermi informata riguardo futuri eventi al memoriale. Grazie».

 

Jesus Juan Rey (63 anni), sua moglie Anna Rey (Anna Genova, 55)
e il loro figlio
Manuel Rey (31), Josephine Fuda (Giuseppina Genova, 65)
e suo figlio
Domenick Fuda Jr. (15)

 

Un quintetto di parenti di origini italo-spagnole, tutti residenti a Chicago, Illinois (USA).

 

 

25 maggio, 1959 - Jesus e Anna Rey

Jesus Juan Rey, nato a Quiezon, Lugo (Spagna), nella regione della Galizia, il 17 novembre 1895 da Manuel e Manuela Rey. Emigrò dalla Spagna all’età di 16 anni per andare a lavorare a bordo di un mercantile della U.S. Merchant Marine che consegnava merci in molti porti tra i quali alcuni nel Golfo del Messico. Immigrò negli Stati Uniti e trovò lavoro per un periodo di sei mesi nelle miniere di carbone a Pittsburgh, Pennsylvania; qui incontrò Anna Genova emigrata poco tempo prima da Palermo (nel 1920). Jesus e Anna si sposarono nel settembre 1921 e si trasferirono a Chicago. Nell’agosto del 1922 nacque la loro primogenita alla quale seguirono poi altri tre figli (due femmine e un maschio). Jesus lavorò in diversi settori come manovale caporeparto e alla fine venne assunto presso la Railway Express Agency, agenzia statale di trasporti ferroviari di merci. Era un uomo orgoglioso e provava un amore profondo per la sua famiglia, la sua casa ed il suo giardino che era da tutti ammirato.

 

 

25 giugno, 1959 - Anna Rey a Treviso

Anna Genova Rey, nata a Palermo il 10 febbraio 1904 da Salvatore Genova e Rosalia Romano. Anna voleva a tutti i costi partire per gli Stati Uniti e il suo desiderio venne esaudito nel 1920: si aggregò alla sorella Josephine e al loro zio Mario che stavano partendo per gli Stati Uniti per andare a lavorare nel ristorante di Mario a Miami, Florida. Per volere del destino, durante un periodo di permanenza di sei mesi a Pittsburgh, Anna conobbe Jesus Juan Rey ed il loro incontro li portò poi al matrimonio. Anna era un’abile sarta e fece i vestiti per tutte le sue figlie, inclusi i vestiti da cerimonia e le tute.

 

 

Maggio 1959 - Manuel Rey

Manuel Rey, nato a Chicago il 21 agosto 1927, figlio di Jesus Juan e Anna Rey. Assicuratore di professione (si occupava di liquidazione sinistri), era sposato da dieci anni con Dolores Alonso dalla quale ebbe Don (classe 1953) e Sandee (classe 1957). Manuel amava molto la sua famiglia e i suoi amici, amore che donava a loro quotidianamente.

 

 

Maggio 1959 - La famiglia di Manuel Rey: (da sinistra) la moglie Dolores, il figlio Don, la figlia Sandee e Manuel Rey

 

 

Le sorelle Josephine Fuda (a sinistra) e Anna Rey

Josephine Genova Fuda (sorella di Anna Genova), nata a Palermo il 20 settembre 1893 da Salvatore Genova e Rosalia Romano. Josephine emigrò da Palermo nel 1920, partì assieme alla sorella Anna e al loro zio Mario per lavorare nel ristorante-night club che questi aveva a Miami in Florida. Quando nel 1927 il ristorante cessò l’attività, Josephine si trasferì a Chicago dove incontrò il futuro marito, Domenick Fuda (1882-1957), proprietario di un bar-ristorante. I due si sposarono nel 1932. Tra le grandi passioni di Josephine c’era l’opera lirica: aveva infatti una bellissima voce da contralto. Non avendo avuto figli, Josephine e Domenick decisero di adottarne uno: era il 1944 e Domenick Fuda Jr. era una grande gioia per tutti.

 

Domenick Fuda Jr., nato a Chicago il 12 gennaio 1944, figlio adottivo di Domenick Fuda e Josephine Genova. Studiava alla St. Leo High School a Chicago, era un bravissimo atleta ed aveva molti amici. Domenick non voleva partire per quel viaggio in Spagna e in Italia del giugno 1959 rivelatosi poi fatale: sua madre Josephine, tuttavia, riuscì a convincerlo poichè desiderava che Domenick conoscesse i suoi parenti italiani.

 

 

Maggio 1959 - (da sinistra) Domenick Fuda Jr., Josephine Fuda e Manuel Rey (con in braccio la figlia Sandee)

 

Questa sfortunata famiglia di italo-americani partì dall’aeroporto di Chicago il 1° giugno 1959 per fare visita ad alcuni parenti in Spagna e in Italia ancora una volta dopo più di quarant’anni. Fecero dapprima tappa in Spagna per fare visita alla sorella di Jesus Juan Rey, poi partirono alla volta di Palermo per incontrare il fratello di Anna e Josephine e da lì proseguirono per Treviso dove abitava una loro sorella. Tutti e cinque volevano fare ritorno negli USA via nave, ma uno sciopero dei marittimi li costrinse a prendere un aereo.
Il 26 giugno 1959 si imbarcarono sul Super Constellation all’aeroporto di Roma Ciampino. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio le loro salme furono portate negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I resti di tutti e cinque furono poi portati a Chicago.

 

 

18 giugno 1959 - (da sinistra) Josephine Fuda, Sarino Genova (fratello di Josephine e Anna), Anna Rey, Jesus Rey e Luigi (figlio di Sarino)

 

 

18 giugno 1959 - Le tre sorelle: (da sinistra) Anna Rey, Rosetta Ferraro e Josephine Fuda all’aeroporto di Palermo, dopo la visita ai parenti siciliani

 

 

Treviso, 25 giugno 1959 - (da sinistra) Giovanni (cognato di Anna Rey), Jesus Rey e Roberto (figlio di Giovanni)

 

 

Treviso, 25 giugno 1959 - Le sorelle Anna Rey (a sinistra) e Rosetta Ferraro

 

(2 Dicembre, 2009) Ann Rey Clam, figlia di Jesus Juan Rey e di Anna Genova, sorella di Manuel Rey, nipote di Josephine Fuda e cugina di Domenick Fuda, ci ha scritto:

«Ricordo quel 1° giugno 1959 quando li accompagnai in automobile all’aeroporto di Chicago dove si sono imbarcati ed erano felici di tornare in Spagna (da dove mio padre proveniva) e in Italia (dove avevamo i parenti). La nostra famiglia era molto unita e affettuosa e le tradizioni ricevute erano molto belle e io le ho trasmesse ai miei figli. A quel tempo ero incinta della mia quarta creatura e ho rischiato di perderla quando sono venuta a conoscenza di quell’orribile incidente (nota: la figlia di Ann, Laurie Bernadette, è nata il 10 novembre 1959). I due miei figli più grandi ricordano i loro nonni, lo zio e tutti gli altri. Ma i miei figli più giovani non hanno potuto conoscerli, eccetto dalle storie raccontategli dai parenti e dai ravioli che facciamo come quelli che mia madre ha fatto tanti anni fa e che ora i miei nipoti fanno insieme con i miei figli durante le vacanze. I miei cugini abitano a Treviso, ci scriviamo spesso. (...) È consolante sapere che le persone [di Olgiate Olona] si sono prese cura di quello che è successo consapevoli della nostra grande perdita».

 

Katherine Germo (Caterina Guglielmo, 71 anni) e sua figlia Mary Germo (46)

 

Katherine Guglielmo Germo, italo-americana, era nata a San Martino Canavese (Torino) il 3 dicembre 1887 da Joseph Guglielmo e Margherita. Immigrò negli Stati Uniti nel 1907 dove si sposò con Joe Germo (classe 1883) anch’egli di origine italiana dal quale ebbe due figlie, Margrat (nata nel 1910) e Mary (nata nel 1912). Era il passeggero più anziano di quelli a bordo del volo 891 della Twa il 26 giugno 1959. Mary Germo, era nata a San Pedro (California) da Joe e Katherine il 12 ottobre 1912.

Il 26 giugno 1959 all’aeroporto della Malpensa Katherine e Mary Germo erano salite sul Super Constellation della TWA per fare ritorno in America, dopo aver trascorso un mese di vacanza in casa di parenti a San Giusto Canavese. Insieme con loro sull’aereo era salita una conoscente, Anna Boaro Maga, che aveva invece trascorso un mese in casa del fratello e della cognata a Sant’Antonio di Ivrea. A San Giusto Katherine aveva i nipoti con i quali aveva sempre intrattenuto un cordiale scambio di corrispondenza. Per Pasqua fece sapere che sarebbe venuta in Italia: «Ho 72 anni - diceva la lettera -. Prima che sia troppo tardi voglio rivedere la mia terra». Katherine tornò quindi in Italia con la figlia Mary dopo una assenza di 44 anni; trovarono tutto bello, tutto nuovo, tutto degno di essere visto. Dopo il disastro aereo fu proprio il nipote a dover riconoscere le salme delle due donne: coperte dalle altre, erano state risparmiate dalle fiamme e il loro volto era quasi intatto. Nella borsa di Katherine furono ritrovati i rullini delle pellicole a colori con le quali aveva voluto immortalare i ricordi della vacanza appena trascorsa nella sua bella terra. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio le loro salme furono portate negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferite a Los Angeles (California), città in cui abitavano con la famiglia.

 

(1959) Tratto dal messaggio di ringraziamento inviato da Margrat Germo al sindaco di Olgiate Olona Carlo Ferrari dopo l’incidente aereo:

«Or io, quale figlia e sorella di due di quei deceduti, mi sento in dovere di ringraziarla per quanto ha fatto. Almeno esse non erano sole, erano vegliate da tante pie persone. Unita a mio marito, Marshall Mc Comb, Giudice della Corte Suprema della California, estendo a Lei e tutta la sua nobilissima popolazione la nostra imperitura gratitudine».

 

Olivia Kammerer (Olivia Pattison Heminway, 66 anni)

 

Olivia Pattison, nata a New Rochelle (New York) il 28 luglio 1892 da Truman Heminway, banchiere (1855-1908) e Honora Irving Harwood (1863-1900). Il 4 novembre 1926 sposò Percy Gamble Kammerer (da cui si separò nel 1941) da cui ebbe due figlie: Honora Harwood (1917-2003, futura sposa di John Stewart McLennan, famoso compositore di musica e proprietario di Ashintully Farm a Tyringham nel Massachusetts, USA) ed Eleanor B. (1921-1986). Fu un ufficiale della Croce Rossa Americana e viaggiò molto in Europa ed in Africa. Al tempo del disastro aereo era residente a Firenze dove dirigeva il Villa Mercedes Junior College da lei stessa fondato.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a Hartford nel Connecticut (USA). Olivia Kammerer riposa nel Center Cemetery di Tyringham (Massachusetts) assieme al marito Percy deceduto nel 1946.

 

 

Autunno 1951 - Olivia Kammerer a spasso nella Fifth Avenue di New York con le nipoti Angelica (a sinistra) e Holly McLennan

 

Syd Kaye (Syd Liftiz, 59 anni)

 

Nata in Russia il 5 novembre 1899, figlia di Herschel Liftiz e Rebecca Rosenthal. Syd Kaye emigrò negli Stati Uniti e si stabilì a Brooklyn, New York, dove nel 1928 ottenne la cittadinanza statunitense. All’epoca del disastro aereo si occupava di recupero del credito e viaggiava spesso sia con la nave che con l’aereo, prediligendo la prima classe.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita nella sua città di residenza. I resti di Syd Kaye riposano nel Mount Carmel Cemetery a Glendale, Queens County, New York.

 

Anna Korecky (Anna Picha, 69 anni), sua figlia Lillian Sternes (Lillian Korecky, 48) e il genero Frank Charles Sternes (51)

 

 

Da sinistra: Lillian Sternes, Anna Korecky e Frank Charles Sternes

Anna Korecky era nata a Paseky (ex Cecoslovacchia) il 29 luglio 1889, figlia di James Picha e Marie Picha. Immigrò negli Stati Uniti nel 1904. Si unì in matrimonio con James Korecky (nato nel 1887 in Boemia, ex Cecoslovacchia) a Chicago, Illinois, USA, il 22 maggio 1909.
Lillian Sternes era nata a Chicago il 1° ottobre 1910 da James Korecky e Anna Korecky.
Completava la loro famiglia Adeline (1912-2006), sorella di Lillian.
Frank Charles Sternes, marito di Lillian, specialista in otorinolaringoiatria, era nato a Chicago il 15 maggio 1908 da Frank e Josephine Ctrnacty; era parte dello staff del MacNeal memorial hospital, a Berwyn nell’Illinois, e del St. Antony’s hospital. Frank e Lillian si erano sposati il 14 settembre 1938 a Cook County, Illinois.

Un gruppo di familiari il cui viaggio iniziò insieme e finì tragicamente; stavano facendo ritorno a casa dopo una vacanza di cinque settimane trascorsa in Spagna, Portogallo, Africa e Italia. Il 26 giugno 1959 si imbarcarono sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio le loro salme furono portate negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferite a Berwyn, Illinois.
Frank Charles e Lillian lasciarono il loro figlio Glenn, 16 anni.

 

Chester Linsky (34 anni)

 

Nato a Boston, Massachusetts, USA, il 10 novembre 1924 da Louis e Beatrice Gottlieb Backer (entrambi di origine russa), completava la famiglia il fratello Leonard (1921-2016). Docente di ingegneria industriale presso la Pennsylvania State University ed esperto in automazione e progettazione di impianti, Chester Linsky si trovava in Europa dall’inizio del 1958 per dare servizi di consulenza a numerose aziende europee nella progettazione di nuovi siti produttivi. All’epoca del disastro aereo risiedeva a Parigi con la sua famiglia.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano-Malpensa per raggiungere la moglie Jane e i loro tre figli Jan, Dean e Glenn. Nei loro programmi c’era il ritorno in Pennsylvania il mese successivo per la nascita del loro quarto figlio, Gary. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferita a State College in Pennsylvania (USA).

 

 

Stoccolma (Svezia), 1958 - Chester Linsky

 

 

1948 - Chester Linsky e Jane, sua futura moglie

 

Il Rev. Dean Linsky, figlio di Chester Linsky, nell’ottobre 2013 ha condiviso con noi le memorie di famiglia:

«Mio padre stava facendo ritorno a Parigi in anticipo rispetto a quanto previsto dal suo programma di consulenze: voleva fare una sorpresa a mia madre per il giorno del suo compleanno, il 26 giugno. Era professore di ingegneria industriale presso la Pennsylvania State University e prestava consulenza alla Organisation for European Economic Co-operation (OEEC). Era esperto di automazione e layout di impianti. Collaborava con numerose controparti industriali europee nella progettazione e nello sviluppo di nuovi impianti produttivi in Europa. Per qualche mese all’inizio del 1958 aveva lasciato la sua famiglia negli Stati Uniti per dare via alle fasi iniziali della sua consulenza. Più tardi, nell’estate di quello stesso anno, aveva deciso di trasferire la famiglia a Parigi dove sarebbe rimasta per un anno prima di fare ritorno negli Stati Uniti. Ho vissuto a Parigi con mia sorella e con il mio fratello minore. Nostra madre Jane era in dolce attesa del mio secondo fratello all’incirca dal mese di novembre: mio fratello è nato appena abbiamo fatto ritorno negli USA subito dopo la morte di mio padre. Mia madre ha sempre vissuto a State College, città dove ha sede la Pennsylvania State University e dove io e i miei fratelli siamo cresciuti. Non si è mai risposata. Mia madre e mio padre erano profondamente innamorati. Mio padre era un uomo molto legato alla sua famiglia. Ho pochi ricordi di lui dal momento che avevo solo 7 anni quando è venuto a mancare. Mia madre ha dovuto sopportare un dolore tremendo ma si è fatta forte con la fede, per non cadere nella disperazione».

 

 

1957 - Chester Linsky e famiglia

 

 

1959, Organisation for European Economic Co-operation - Presentazione del Prof. Linsky

 

 

1959 - Chester Linsky durante una dimostrazione

 

Basilio Lombardi (61 anni)

 

 

Basilio Lombardi

Italo-americano, nato a Triggiano il 25 dicembre 1897 da Pietro e Raffaella Raimondi. Basilio Lombardi abitava a Chicago con la moglie Florence Phyllis Palese (1908-1999) originaria dell’Illinois da cui ebbe due figli: William Michael (Bill, 1935-2012) e Gerald (Jerry, classe 1937). Basilio Lombardi era il direttore della Armanetti Liquor Co., fiorente società di produzione di vini e liquori ancora presente a Chicago con alcuni stores.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Roma Ciampino assieme a Leonardo Armanetti, presidente della stessa azienda; in viaggio d’affari, avevano visitato produttori di vini in Francia e in Italia. Il viaggio era stato organizzato dalla Spirits Guild of America. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio le loro salme furono portate negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959 e poi trasferite a Chicago per essere sepolte nel Saint Joseph Cemetery, River Grove, Cook County, Illinois, USA.

 

(2009) Bill Lombardi (nipote) ci ha raccontato:

«Basilio era stato pilota nell’Aeronautica italiana durante la prima guerra mondiale e fu colpito e ferito una volta. Dopo l’incidente del 26 giugno 1959, da Bari per riconoscere i corpi giunsero a Olgiate Olona Saverio Scavelli, parente di Leonardo Armanetti, e Raffaello Lombardi, fratello di Basilio. Leonardo Armanetti e Basilio Lombardi avevano deciso di tornare negli USA su quel volo, perché Basilio voleva essere a Chicago per la nascita della sua prima nipotina, Anne Marie, sorella di Bill Lombardi».

 

E ancora:

 

«La storia di mio nonno Basilio e della nostra famiglia è triste, ma pure incoraggiante. Mio nonno Basilio e mia nonna abitavano a Chicago con mio zio. Ma in quei giorni la nonna era qui a Dallas, Texas, perché mia madre, che abitava qui con mio padre Bill, era incinta di mia sorella. Perciò mio nonno Basilio è partito da Triggiano-Bari: per ritornare presto negli Stati Uniti, perché stava arrivando la sua prima nipotina. Quando è successo l’incidente aereo, mio padre lo ha visto alla televisione in ufficio: ma non sapeva che suo padre, mio nonno Basilio, si trovasse a bordo di quel velivolo. Invece, mio zio a Chicago ha ricevuto una telefonata dai mass media locali: gli chiedevano se fosse vero che il padre era morto nel disastro. Poi a mio zio ha telefonato la TWA per informarlo delle triste notizia; e lui ha telefonato a mio padre in ufficio per comunicargli lo choc della sua vita. Mia madre e mia nonna erano in negozio e hanno sentito per radio dell’incidente aereo: mia nonna aveva paura che il suo amato Basilio fosse morto, ma ancora non lo sapeva. Poi, mio padre Bill è tornato a casa e lo ha comunicato a mia nonna e a mia madre. Subito dopo mia madre è corsa in ospedale per il parto: il giorno dopo è nata mia sorella. Allora, la mia nonna era tormentata, perché nello stesso tempo aveva perso suo marito e conosciuto la sua nipotina!».

 

Michael A. Martino Jr. (29 anni)
e sua moglie
Corinne Martino (Corinne Drafz, 30)

 

Michael A. Martino Jr. era nato a Chicago, Illinois (USA) il 25 novembre 1929 da Michael e Alice Hayo. Si era diplomato al Wright junior college. Michael aveva vinto delle borse di studio all’Università di Chicago e all’Istituto di Tecnologia dell’Illinois. Aveva ottenuto la laurea in Matematica all’Università dell’Illinois all’età di 22 anni. Corinne E. Drafz era nata a Lombard, Illinois (USA) il 22 luglio 1928, figlia di Max e Rose Drafz.

 

 

Michael A. Martino Jr.

 

Corinne Martino

Michael e Corinne si erano sposati il 19 ottobre 1951 a Chicago e al tempo del disastro aereo del 26 giugno 1959 abitavano a Schenectady (New York) assieme ai loro figli. Michael era un brillante matematico impegnato nello sviluppo di reattori atomici presso il Knolls Atomic Power Laboratory della General Electric Co. di Schenectady; aveva preso parte alla costruzione e allo sviluppo dei sottomarini atomici. Nel giugno 1959, Michael e Corinne partirono per l’Europa per un viaggio di lavoro e di piacere allo stesso tempo. Michael partecipò a Parigi ad una conferenza internazionale sulla Scienza (dal 15 al 20 giugno) su mandato della General Electric e con il permesso della Commissione degli Stati Uniti per l’energia atomica. Terminata la conferenza, Michael e Corinne trascorsero la loro vacanza in Francia e in Italia.

Il 26 giugno 1959 si imbarcarono sul volo 891 della TWA all’aeroporto di Milano Malpensa. Le loro salme, identificate a fatica dopo il disastro, furono sepolte il 5 luglio 1959 nel cimitero di Busto Arsizio (¹). Michael e Corinne lasciarono tre figli - William (5 anni), Mary (3) e Alice (2) - accuditi poi dai genitori di Michael i quali ne ebbero cura dalla loro infanzia fino all’età adulta.

 

 

Il loculo situato nel cimitero di Busto Arsizio dove riposano quattro vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959

(¹) Il Registro delle sepolture del cimitero di Busto Arsizio attesta l’ora della sepoltura (ore 15), l’ ubicazione della tomba (campo 58, spazio 88) e le successive variazioni della collocazione delle salme: il 3 luglio 1997 i resti di Michael Martino e Corinne Martino furono traslati in un loculo (arcata 7E, ottava fila, colombario n°2) che dal 1980 già conteneva i resti di Albert John Palmer e Percy Charles Nicholls (le vittime del disastro aereo mai identificate) e la bara con resti umani creata nel 1959; la lapide in granito rosa reca l’iscrizione “Palmer Albert Nicholls Percy Martino Michael Martino Corinne A ricordo disastro aereo M. 26-6-1959”.

 

17 giugno 2010 - Ricognizione del loculo situato nel cimitero di Busto Arsizio dove riposano quattro vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959

 

Sophie Doumouras (Sophie Nafpliotou, 23 anni)

 

 

Sophie Doumouras

Nata a Koufo Pourolynpias (Grecia) il 19 luglio 1935 da Nicholas e Evanthia Nafpliotou.

Il 26 giugno 1959 Sophie Doumouras salì sul Super Constellation ad Atene per rientrare negli USA a Chicago dove viveva con la madre e la sorella. Aveva ottenuto un permesso e aveva quindi deciso nel mese di Aprile di tornare nella nativa Grecia. Là conobbe un giovane greco di 24 anni, George Doumouras, marinaio di professione e lo sposò. Il marito l’avrebbe poi raggiunta a Chicago, ma i loro sogni per l’avvenire furono spezzati. Appresa la notizia il 27 giugno, il marito tentò il suicidio ingerendo una notevole quantità di aspirine e venne ricoverato nell’ospedale navale Pyraeus. Antonia Giannakopoulos, sorella di Sophie, raccontò che sua sorella non andò in Grecia con il preciso intento di sposarsi; Sophie però disse prima di partire: “se laggiù trovo un bravo ragazzo, potrei anche decidere di sposarmi”. La salma di Sophie venne identificata tra le ultime e fece ritorno ad Atene (Grecia).

 

Antonio Salbego (68 anni)

 

Nato a Salcedo (Vicenza) il 9 giugno 1891 da Giovanni Salbego e Antonia Marchi. Antonio Salbego emigrò negli USA a ventinove anni lasciando Breganze, paese in provincia di Vicenza. Fece fortuna nel campo delle costruzioni edili. Nel 1959 volle ritornare in Italia per rivedere Vicenza e i familiari (il fratello Giuseppe, la moglie e i due figli): «per l’ultima volta prima di morire», disse.

 

 

Antonio Salbego

Il 26 giugno stava ritornando a Chicago dopo un soggiorno durato tre mesi. I suoi parenti lo accompagnarono fino alla Malpensa e poi si fermarono a Gallarate: poi, appresero la tragica notizia uscendo da un cinema, guardando le immagini trasmesse dalla televisione e convincendosi che l’aereo precipitato era quello salutato da loro poche ore prima. Una volta giunti in aeroporto, ai Salbego capitò anche un grottesco equivoco: poichè Antonio aveva cittadinanza statunitense, ma nome e cognome italiani, il funzionario della TWA che cercò il suo nominativo nell’elenco delle vittime italiane e non lo trovò, smentì che l’uomo fosse morto nel disastro; ma un controllo più approfondito lo costrinse, qualche attimo dopo, a rettificare l’informazione e a “dirottare” la triste comitiva verso Olgiate Olona dove accorse inutilmente sul luogo teatro della sciagura. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I resti di Salbego vennero poi trasferiti a a Chicago, Illinois, dove abitava con la sorella Maria Cusinato. Antonio Salbego riposa nel Saint Joseph Cemetery di River Grove, Cook County, Illinois, assieme al fratello Giovanni Salbego (1892-1972).

 

Hugo Sei (45 anni)

 

Italo-americano nato a Calumet nel Michigan (USA) il 18 novembre 1913 da Lorenzo Sei (nato nel 1889) e Carmela Conedera (1882-1953). Il padre Lorenzo era originario di Capannori (Lucca) ed emigrò negli Stati Uniti nel 1912. Dopo aver guadagnato una discreta somma di denaro nel 1925 fece ritorno in Italia assieme alla moglie e al figlio investendo i propri averi nell’acquisto di una fattoria.

 

 

1935 - Rose Molose il giorno del matrimonio con Hugo Sei

Nel 1931, a diciotto anni compiuti, Hugo Sei fece ritorno negli Stati Uniti su decisione dei propri genitori (non volevano che il loro figlio partisse per la guerra in Etiopia) e si stabilì a Chicago dove visse con una zia. Nel 1935 sposò Rose (Rosa) Molose (1910-1993); la coppia ebbe poi due figli maschi. La storia d’amore tra Hugo e Rose finì nel 1950. Nel 1953 decise di sposarsi con Loretta L. Podolak (1918-1986). Hugo lavorò per le ferrovie centrali di New York per venticinque anni; assieme alla seconda moglie Loretta fu anche proprietario di una trattoria.

 

 

1946 - (da destra a sinistra) Rose Molose con in braccio uno dei suoi due figli, Hugo Sei ed alcuni parenti

 

1958 - Hugo Sei e Loretta Podolak in un breve video girato durante il loro viaggio in Italia

Nel 1958 Hugo Sei decise di ritornare in Italia per fare visita al padre Lorenzo per la prima volta dopo 27 anni: intraprese il viaggio via nave - con la Cristoforo Colombo - assieme alla moglie Loretta. Dopo aver fatto visita al padre Lorenzo per la seconda volta in otto mesi, il 26 giugno 1959 salì sul Super Constellation all’aeroporto di Roma Ciampino per fare ritorno negli Stati Uniti. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I resti di Hugo sei vennero poi trasferiti a Chicago, Illinois.

 

 

Maggio 1959 - Hugo Sei (a sinistra), suo figlio Lorry con la moglie e le loro due figlie (al centro), Loretta Podolak (a destra)

 

 

Febbraio 1953 - La madre di Hugo Sei ricordata un mese dopo la morte

 

George S. Sherman (43 anni)

 

Nato a Brooklyn (New York, USA) il 2 marzo 1916 da Samuel e Molly Sherman. George Sherman era un insegnante di Storia, una guardia costiera ed infine socio e funzionario di vendita di una fabbrica di abbigliamento da uomo, la Bernard Mills Inc. di Methuen, Massachusetts. Era sposato con Julia Rosenberg (1917-1975), una assidua giocatrice di golf e una prolifica artista.

Dopo aver visitato una fabbrica a Firenze, il 26 giugno 1959 George si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I suoi resti vennero poi trasferiti a New York City. George lasciò la moglie Julia e la figlia Deanne (1943-2014).

 

 

George Sherman ritratto con la moglie Julia Rosenberg

 

 

George Sherman in gondola (a destra) durante un viaggio a Venezia

 

 

Un dipinto di Julia Rosenberg moglie di George Sherman

 

Mary Thompson (Mary Mason, 22 anni)

 

Nata a Jackson nella Louisiana (USA), il 1° ottobre 1936, figlia di Carrol E. Mason (1902-1967) e Rebecca Williams (1916-2007).

Mary Thompson si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I resti di Mary Thompson vennero poi trasferiti a Houston, Texas.

 

Franco Cavallanti (30 anni), Gabriele Cavallanti (20),
Achille Belloni (30) e Paolo Ciserani (32)

 

Quartetto di giovani amici lodigiani di Livraga indicati dalle cronache giornalistiche come “i quattro moschettieri”: i fratelli Franco Cavallanti, nato a Livraga il 5 dicembre 1928, e Gabriele Cavallanti, nato a Lodi il 18 marzo 1939, figli di Carlo e Santa Filippazzi, Achille Belloni, nato a Milano il 1° luglio 1928 da Attilio ed Ermengarda Polenghi, e Paolo Ciserani, nato a Livraga il 22 marzo 1927 da Emilio e Teresa Rossi.

Franco Cavallanti, sposato con Pierina Albertini e padre di un neonato, Carlo Eugenio, dirigente col padre della ditta di famiglia che produceva articoli di elettromeccanica, presidente della squadra di calcio di Livraga (girone dilettanti) lanciò la proposta di una vacanza relax al fratello Gabriele, celibe, studente alla facoltà di Scienze economiche all’università di Milano, e ai due amici di sempre: Ciserani, geometra nell’azienda edile del padre, sposato con Anna Rocchetta e padre di una bimba di otto mesi, sindaco di Livraga - eletto alle amministrative del 1956 con una maggioranza democristiana, politico stimato anche dalle opposizioni per l’energia e le spiccate qualità organizzative -, e Belloni, geometra, sposato con Annunciata Dedè, padre di due figli (uno di quattro anni, uno di nove mesi), che coi fratelli dirigeva a Livraga, dove pure risedeva, l’azienda agricola di produzione di latticini fiorente e nota per essere una dei fornitori della Alemagna.

 

 

Da sinistra: Paolo Ciserani, Achille Belloni, Franco Cavallanti e Gabriele Cavallanti

 

Complici l’impegno appassionato per lo sport praticato in oratorio e l’atmosfera del piccolo paese agricolo del Lodigiano dove ogni notizia trovava eco al bar, tutta Livraga era venuta a conoscenza del viaggio-vacanza nella capitale francese dei quattro giovani. Belloni e i fratelli Cavallanti raggiunsero l’aeroporto della Malpensa col pullman della TWA, mentre Ciserani rimase a Livraga fino alle ore 14 del 26 giugno 1959: in municipio firmò i mandati di pagamento dei dipendenti comunali; partì giusto in tempo per prendere il volo. Fino a quel momento, i “quattro moschettieri” non avevano mai viaggiato insieme in aereo: la loro “prima volta tra le nubi”, il loro proposito di un’avventura parigina e le loro stesse vite svanirono pochi minuti dopo essere saliti sul volo 891 del “mitico” Super Constellation. Tutti i cronisti presenti a Olgiate Olona sul luogo del disastro riportarono che il padre dei due Cavallanti, giunto tra i primi familiari insieme col padre di Ciserani e altre persone, alla vista dei rottami accartocciati dell’aereo reagì in modo energico e scomposto, urlando e piangendo, e venne trascinato a forza lontano. Le salme dei giovani partirono dalla basilica di Busto Arsizio prima delle esequie del 29 giugno 1959 e furono portate nella chiesa San Bassiano a Livraga dove la mattina di martedi 30 giugno 1959 tutto il paese partecipò al rito funebre presieduto dal vescovo di Lodi.

 

 

Il cippo all’oratorio di Livraga che ricorda le quattro giovani vittime del disastro aereo

All’oratorio di Livraga, ubicato in via Roma, ricorda i quattro sfortunati giovani un semplice cippo (foto qui a destra) che riporta le loro foto e questa epigrafe:

Ciserani geom. Paolo sindaco di Livraga 1927
Belloni geom. Achille agricoltore 1928
Cavallanti Franco industriale 1928
Cavallanti Gabriele stud. Univ. 1939
Uniti in vita da comuni nobili ideali Uniti nella tragica morte nel cielo di Olgiate Olona il 26-6-1959
L’oratorio che li ebbe solerti dirigenti sportivi li ricorda uniti per sempre in Dio

 

Al cimitero di Livraga nella cappella “famiglia Cavallanti Carlo” le lapidi dei due fratelli sfortunati recano le generalità e le seguenti epigrafi:

Franco Cavallanti perito tragicamente nella sciagura aerea di Olgiate Olona lasciando i suoi cari nell’incolmabile dolore;
Gabriele Cavallanti perito tragicamente col fratello Franco dove assieme proseguirono fino alla patria beata dove vita e giovinezza si eternano in Dio.

 

(2009) Testimonianza di Annunciata Dedè, vedova di Achille Belloni:

«Il 26 giugno 1959 non era la prima volta che mio marito Achille prendeva un aereo: pochi mesi prima avevamo volato insieme da Palermo di ritorno dal viaggio di nozze a Taormina. Proprio quella volta mio marito mi confidò di aver provato un po’ di paura e che non avrebbe più volato; e io glielo ricordai quando mi disse del viaggio a Parigi, ma quel giorno si sentiva sicuro, perché in compagnia dei suoi amici. Fui io la prima a dare la tristissima notizia a Livraga; sapevo l’ora in cui il Super Constellation sarebbe atterrato a Parigi e, non ricevendo notizie, telefonai all’agenzia di viaggio per chiedere informazioni: dopo alcuni minuti in cui contattarono la TWA freddamente mi risposero “L’aereo è precipitato. Sono morti tutti”. Fu uno choc immenso e poi ricordo la mia casa che venne invasa dalla gente. Soprattutto nei primi anni dopo la sciagura aerea sono tornata a Olgiate Olona coi bambini [Attilio e Giuseppe, ndr] e abbiamo sostato e pregato davanti al monumento. Ogni volta che ricordo mio marito e quel giorno lontano, si rinnova in me il dolore e rivivo questa tragedia».

 

(2009) Testimonianza di Maria Enrica Ciserani, figlia di Paolo Ciserani:

«In realtà, i quattro giovani di Livraga, tra cui mio papà, dovevano recarsi a Parigi qualche giorno prima, ma rimandarono il viaggio per partecipare ai funerali di un loro amico: con la collaborazione del maresciallo dei Carabinieri riuscirono a cambiare data della partenza e biglietti. Il 26 giugno appena la notizia del disastro aereo giunse a Livraga, partirono alla volta di Olgiate Olona il papà dei fratelli Cavallanti, mio nonno Emilio Ciserani con suo figlio Piersandro Ciserani, cioè mio zio, e Piero Soffientini, amico intimo di mio papà e di zio Piersandro: furono loro a identificare con certezza i corpi delle quattro giovani vittime livraghine. Io avevo solo otto mesi, ma ci sono due ricordi che mi sono stati tramandati. Il primo: mio papà era solito dire che avrei fatto la farmacista e non perché fosse un suo desiderio, alla fine è andata proprio così. Il secondo ricordo è che mio papà nel salutare la sua mamma, ossia mia nonna, prima di partire le raccomandò di occuparsi di me. Con mio marito sono tornata alcune volte a Olgiate Olona e mi sono recata davanti al monumento al disastro aereo. Come figlia di un papà mai conosciuto e morto tragicamente forse avrei potuto avere la curiosità di conoscere i particolari molto prima che un Autore producesse un libro. Ma la mia memoria e il mio cuore sono sempre stati colmati in questi cinquant’anni dai ricordi e dall’enorme amore a me trasfusi da mia madre e dai miei nonni paterni e materni che purtroppo ora non ho più. Come importante è la figura del mio attuale papà [Anna Rocchetta, moglie di Paolo Ciserani, anni dopo si risposò, ndr], papà a tutti gli effetti che mi ha sempre rispettata ed educata come se fossi veramente sua».

 

Pietro Castelnovo (30 anni)

 

Nato a Cesate il 14 aprile 1929 da Luigi e Virginia Gessaghi. Impiegato di professione, all’epoca della sciagura Pietro Castelnovo abitava in un grazioso appartamento di Bollate insieme con la moglie Carla Banfi e i figli Maurizio (tre anni) ed Emanuele (un anno) ed era in procinto di trasferirsi nella nuova casa ubicata nel paese natale. Funzionario di una grande società internazionale che trattava import-export, per lavoro compiva spesso e volentieri lunghi viaggi all’estero; per girare il mondo usava gli aerei di linea anche in condizioni proibitive.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto della Malpensa, diretto in Francia per importanti colloqui di affari; salutò la moglie nell’abitazione di Bollate promettendo che le avrebbe scritto una volta atterrato a Parigi-Orly. Pietro Castelnovo salì un’altra volta su un aereo pronto a decollare e disposto a viaggiare nonostante le condizioni meteo in apparenza proibitive: purtroppo, quella volta fu anche l’ultima. Il giorno dopo, il suo cadavere fu riconosciuto per cinquantacinquesimo. Tra i resti del velivolo venne recuperata la borsa che l’uomo aveva con sè, indenne dal tremendo schianto e dalle fiamme: conteneva i documenti della ditta “Materie plastiche e madreperla” per cui Castelnovo lavorava. Dopo le solenni esequie di Busto Arsizio la sua salma raggiunse il comune di residenza.

 

Raffaele Cohen (28 anni)

 

 

Raffaele Cohen

Nato il 19 febbraio 1931 a Il Cairo (Egitto) da Leone e Alice Cohen. Commercialista milanese, brillante, celibe e fidanzato, laureato in Scienze economiche, funzionario dell’Istituto cotoniero italiano, dagli amici considerato un “arrivato” nella professione, Raffaele Cohen viveva coi genitori e due fratelli in un appartamento di via Washington a Milano.

Il 26 giugno 1959, quasi per un presentimento, sua madre, che era pure sofferente di cuore, lo pregò di non prendere l’aereo, ma Raffaele aveva fretta di partire: salì sul Super Constellation alla Malpensa per recarsi a Parigi dove lo aspettava una riunione di affari. Per moltissime ore la madre sperò che il figlio fosse rimasto solo ferito nel disastro. Cohen fu tra le vittime identificate a fatica; la sua salma venne trasferita a Milano il 1° luglio 1959 e venne sepolta nel settore ebraico del cimitero di Milano-Musocco.

 

Maria Fermi Sacchetti (60 anni)

 

 

Maria Fermi

Nata il 12 aprile 1899 a Roma da Alberto e Ida De Gattis. Maria Fermi era la sorella del celebre scienziato Enrico Fermi, vedova di Renato Sacchetti morto a Napoli durante la pandemia di “spagnola”. Abitava nella capitale da quarant’anni in una villetta in via Monginevro, aveva tre figli (Gabriella, Giorgio, Ida) e insegnava al liceo romano Orazio Flacco. Venduta la villetta romana - amareggiata perché l’edificio che sarebbe sorto al suo posto dopo la demolizione avrebbe cancellato gli alberi che anni prima aveva piantato -, allo scalo di Roma-Ciampino la Fermi prese il Super Constellation diretto a Chicago per recarsi dalla cognata, Laura Capon (vedova di Enrico), negli USA dove avrebbe tenuto un ciclo di conferenze sulla letteratura italiana contemporanea. Dopo aver incontrato qualche difficoltà nell’ottenere il visto di ingresso, il suo proposito si stava concretizzando col volo 891 dove poche ore dopo il decollo trovò la morte. Stando a quanto dal 1959 si racconta a Olgiate Olona, la sorella del celebre scienziato chiese di essere sepolta dove la sua vita fosse terminata. La ricerca sui documenti conservati nell’Archivio del Comune di Olgiate Olona ha riscontrato la verità: a decidere il luogo di sepoltura di Maria Fermi Sacchetti furono i tre figli: Gabriella, nel 1959 sposata e residente a Milano dove insegnava; Giorgio, diplomato in pianoforte all’Accademia Santa Cecilia di Roma; Ida, nel 1959 docente in un liceo del nord Italia. Non è escluso - ma nemmeno provato - che, così facendo, i figli esaudirono la volontà della madre cui accenna il racconto orale inerente il disastro finora tramandato. Dal 29 giugno 1959 è sepolta nel cimitero di Olgiate Olona.

 

 

Maria Fermi insieme ai fratelli Giulio (a sinistra) ed Enrico (a destra)

 

(1959) Tratti dai messaggi di ringraziamento inviati al sindaco di Olgiate Olona Carlo Ferrari dopo l’incidente aereo:

«In un momento per noi tanto triste ci è stata veramente di conforto la cortesia da Lei usata nei nostri riguardi»
(i figli di Maria Fermi).

«Siamo stati veramente commossi dal constatare lo slancio delle Autorità e della stessa popolazione nel venire incontro ai parenti della cara scomparsa in ogni modo, proprio come avrebbe fatto un amico con l’amico e un parente col parente. Di tutto quanto è stato fatto serberemo ricordo e riconoscenza eterni»
(notaio Ernesto Fermi).

 

 

Cimitero di Olgiate Olona - Tomba di Maria Fermi Sacchetti il 26 giugno 2009, giorno della ricorrenza del 50° anniversario del disastro aereo

 

Tomba di Maria Fermi Sacchetti - Particolare della lapide marmorea posata nel 50° anniversario del disastro aereo

 

Il 26 giugno 2009 Gabriella Sacchetti, figlia di Maria Fermi Sacchetti (l’unica vivente dei tre figli), è ritornata a Olgiate Olona col marito per partecipare alla Commemorazione del 50° e per pregare sulla tomba della madre. Per questa ricorrenza, sulla lapide della tomba è stato corretto l’errore presente dal 1959 - la data di nascita oggi visibile, 12 aprile 1899, è quella esatta - ed è stata aggiunta la targa marmorea che recita: «In memoria di Maria Fermi Sacchetti vittima del disastro aereo del 26 giugno 1959 il Comune di Olgiate Olona coi familiari pose venerdì 26 giugno 2009 nel 50° anniversario».

 

(2009) Gabriella Sacchetti ci ha raccontato:

«Voglio che si ricordino di mia madre l’altruismo e il coraggio. Durante l’occupazione nazista di Roma ospitò nella sua modesta casa sei persone ebree salvandole dalla deportazione: due ragazzi adolescenti, una mamma con un bimbo piccolo, una signora di mezza età e un vecchio signore. Tentò anche di salvare il vecchio ebreo padre di sua cognata, il signor Capon. Avendo ricevuto l’informazione che i nazisti sarebbero andati un sabato in molte abitazioni di ebrei, andò da lui tre giorni prima cercando di convincerlo a venire a casa nostra. Il vecchio signore si rifiutò non volendo credere a tanta efferatezza dei nazisti; così dopo tre giorni fu deportato e morì nelle camere a gas. Per questo in Israele esiste un albero con il nome Maria Fermi. Quando nel 1959 decise di andare a trovare a Chicago sua cognata, vedova di suo fratello Enrico, non le volevano dare il visto per entrare negli USA, perché si era occupata molto di Danilo Dolci [sociologo, poeta, attivista nonviolento nato nel 1924 e morto nel 1997: nel 1943 fuggì dai nazifascisti, nel 1950 aderì a Nomadelfia di don Zeno Saltini, nel 1952 si trasferì in Sicilia dove attuò lotte nonviolente contro mafia e sottosviluppo e per diritti e lavoro; fu chiamato Il Gandhi di Partinico e subì persecuzioni e processi, ndr] e, quindi, era ritenuta persona pericolosa. In una delle sue ultime lettere mi scrisse: “Bene se vado, bene se resto”. All’ultimo momento intervenne un personaggio importante del governo americano: perciò, come sorella di Enrico Fermi, ottenne il visto. Nella sua ultima telefonata dalla Malpensa mi raccontò che aveva passato le prime ore del volo da Roma a cercare di consolare la signora che era seduta accanto a lei, una contadina pugliese terrorizzata dall’aereo [ossia, la signora Francesca Pellecchia Mariani]. Insegnava lettere al ginnasio. Molti allievi si ricordavano delle sue letture e spiegazioni di Dante. A scuola era famosa per il suo atteggiamento calmo in classe. Nessuno l’aveva sentita mai alzare la voce. Aveva una voce particolarmente bella che risuonava bene anche a distanza senza essere acuta. La mamma rimase vedova con tre bambini piccoli, l’ultimo aveva meno di un anno. Quando eravamo piccoli, era eccessivamente severa con noi, ma quando diventammo adolescenti lasciò che fossimo noi a educarla e si trasformò insieme a noi. Aveva un bellissimo sorriso aperto. In questi 50 anni dopo la sua morte, né io né i miei fratelli (ormai morti anche loro) abbiamo mai visitato la sua tomba. In questo tempo lei è stata sempre insieme a noi. Non ho mai pensato di andare a cercarla alla sua tomba. Tuttavia, e questo può sembrare una contraddizione, ho avuto molto piacere nel sapere che una signora di Olgiate Olona ha portato fiori freschi alla sua tomba. Quando ho saputo questo, mi sono commossa, perché questa signora di Olgiate, senza averla mai conosciuta, ha immaginato qualcosa di mia madre, qualcosa che andava onorato. E in effetti questo è vero. Come mi dispiace non poter ringraziare questa signora così sensibile!».

 

Ferrando Fratelli (61 anni)

 

 

Ferrando Fratelli

Nato a Milano il 16 giugno 1898 da Giuseppe e Filomena Spoltini. Mercante d’arte, sposato con Lucienne Imbérj, residente a Milano e domiciliato a Parigi - da trentadue anni centro dei suoi affari - e di nazionalità italiana, era conosciuto tra gli antiquari milanesi e francesi con cui trattava e tra i produttori di cortometraggi cinematografici. Suo socio era Mario Restelli con cui aveva aperto uno studio in piazzale Brescia dove, quando era a Milano, solitamente si fermava a dormire: anzi, in segno di ringraziamento, prima di partire per l’aeroporto regalò una collana d’oro alla cognata del socio.

Approfittando del ponte festivo del 26 giugno, Ferrando stava tornando a Parigi dove abitava con la moglie. Si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Viaggiatore “consumato”, agli amici spesso confidava - un particolare assai curioso e tragico col senno di poi - che durante i viaggi aerei temeva solo i fulmini: quello del pomeriggio del 26 giugno 1959 gli fu fatale. Il nipote, Mario Fratelli, quel giorno era in vacanza a Cannero e poche ore prima sentì zio Ferrando parlare del suo viaggio e del Super Constellation: apprese dalla televisione la tragica notizia e si precipitò in auto alla Malpensa; quando gli fu confermata la morte dello zio, svenne. Dopo le solenni esequie di Busto Arsizio, la sua salma raggiunse il comune di residenza in Francia. Ferrando lasciò la moglie Lucienne.

 

Gian Pietro Giordana (46 anni)

 

 

Gian Pietro Giordana

Nato a Roma il 25 settembre 1912 da Tullio - giornalista ed ex direttore de La tribuna e de La gazzetta del popolo - e Clelia Bertollo. Laureato in Giurisprudenza, editore e giornalista milanese, professionista della carta stampata brillante e noto, Gian Pietro Giordana abitava in un elegante appartamento di Milano insieme con la moglie Bianca Maria Torrani e i cinque figli. Ex direttore del settimanale umoristico Settebello, era capo dell’ufficio stampa Montecatini e dal 1948 consigliere delegato e direttore generale della casa editrice Selezione, versione italiana di Reader’s digest. Dopo l’8 settembre 1943, da ufficiale, Giordana si fece paracadutare tra le forze partigiane in Piemonte e fu decorato con la medaglia di bronzo al valor militare.

Il 26 giugno 1959 raggiunse l’aeroporto della Malpensa in auto, accompagnato dall’autista Vittorio Castagnaro e dalla moglie che lo salutò prima di salire sull’aereo; nel frattempo, i figli Franco e Barbara si trovavano a Milano ed erano in procinto di partire per un corso di sci estivo, mentre Marco Tullio ed Emanuele erano in vacanza in una villa vicino a Crema. Per lavoro, Giordana era abituato ai voli transoceanici diretti negli USA; all’aeroporto Parigi-Orly, avrebbe abbandonato il Super Constellation, avendo prenotato un volo diretto a New York con un altro velivolo della TWA. Prima delle esequie solenni del 29 giugno 1959, la sua salma partì per Crema nel cui cimitero fu poi tumulata. Gian Pietro Giordana lasciò la moglie e i cinque figli, Franco, Barbara, Claudia, Marco Tullio (diventato poi un famoso regista) ed Emanuele.

 

(2014) Testimonianza di Emanuele Giordana, figlio:

«Avevo sei anni all’epoca e vidi e sentii la notizia al telegiornale della sera del 26 giugno senza ben capire cosa fosse successo. Mia nonna materna (ero con mio fratello Marco Tullio) ci cacciò subito a letto e vissi poi il dolore di mia madre, il lungo funerale, la scomparsa del babbo come una sorta di incubo lucido da cui cercavo forse di mantenere le distanze».

 

Pasquale Graffeo (64 anni)

 

Nato a Palermo il 22 marzo 1895 da Emanuele e Antonina Cerasola. Orafo e argentiere di professione, abitava a Palermo insieme con la moglie, Vincenza Pisciotta, e una figlia.

Il 26 giugno 1959 salì sul Super Constellation diretto a Chicago - si imbarcò all’aeroporto della Malpensa, dopo aver incontrato altri due figli che vivevano in Lombardia - per fare visita negli USA a due suoi figli: uno prete cattolico e laureato in Medicina, l’altro titolare di una fabbrica di argenteria. Compiendo questo singolare viaggio, Graffeo, ironia del destino, per la prima volta in vita sua salì su un aereo: purtroppo, fu l’unica e l’ultima. La sua salma fu portata nella chiesa Santo Stefano a Sesto San Giovanni. Pasquale lasciò la moglie Vincenza e i figli Concetta, Emanuele, Antonina, Guglielmo e Andrea.

 

(2009) Pasquale Emanuele Graffeo (nipote) ci ha raccontato:

«Quel giorno io c’ero a Olgiate Olona durante il tragico fatto, anche se non ricordo assolutamente niente, visto che avevo appena due anni. Dal racconto che mi fece mio padre Andrea eravamo alla Malpensa a salutare il nonno Pasquale che partiva per l’America per incontrare i suoi due figli che non vedeva da molto tempo. Poi la notizia del disastro appena dopo la partenza. Mio nonno Pasquale ha ancora tre figli viventi: uno è mio padre, uno è mio zio Guglielmo che vive a Chicago, una è mia zia Antonina che vive ancora a Palermo; invece, altri due figli, gli zii Emanuele e Concetta, purtroppo sono morti recentemente».

 

Eleonora Kraft Fantoni Sellon (48 anni)

 

Nata a Firenze il 10 novembre 1910 da Gerard Franz Konstantin e Marie Louise Antoinette Vogt. Di famiglia benestante, era sposata con Giovannangelo Fantoni Sellon e abitava a Firenze. Eleonora Kraft era persona nota nel capoluogo toscano, in Italia e in Europa. Infatti, i Kraft erano (e i discendenti lo sono ancora) una prestigiosa e nota famiglia di imprenditori alberghieri. Insieme col padre Gerardo - di cui era figlia unica -, lo zio Emilio e il cugino Hermann - primogenito di Emilio -, Eleonora (detta Nora) gestiva a Firenze i due lussuosissimi Hotel Italia e Grand Hotel aperti a fine Ottocento dal nonno Gerard Bernardo, famosi per aver ospitato sovrani d’Europa e illustri personalità italiane e mondiali.

Mirando ad aumentare gli affari e il prestigio, Eleonora progettava col cugino Hermann di acquisire un lussuoso albergo di Parigi e di gestirlo insieme: perciò, il 26 giugno 1959 salì sul Super Constellation diretto oltralpe. I familiari ricordano che la Kraft giunse in ritardo alla Malpensa e che anche per lei fu riaperto il portellone dell’aereo. Il volo intrapreso per valutare nuove e ambiziose prospettive di vita e affari fu fatale tanto per l’esistenza di Eleonora Kraft, quanto per la sorte dei due famosi alberghi: nel 1959, a poche settimane dal disastro aereo e proprio in conseguenza di questa disgrazia, infatti, furono venduti alla Compagnia italiana grandi alberghi (Ciga). I resti della Kraft furono tra quelli di difficile identificazione. Ciononostante, prima delle esequie solenni del 29 giugno 1959 la salma venne prelevata dalla basilica San Giovanni battista di Busto Arsizio, portata a Firenze per il rito funebre celebrato nella Chiesa protestante valdese di Lungarno Soderini e poi tumulata nel Cimitero agli allori della stessa città. Purtroppo, tale operazione - probabilmente eseguita in modo frettoloso e poco accurato - causò un errore grave: lo scambio di resti mortali. Così, tempo dopo, il feretro tumulato a Firenze il 29 giugno 1959 venne dissepolto e ai familiari fu consegnata la vera salma della donna.

 

Francesca Pellecchia Mariani (61 anni)

 

Nata a Ceglie del Campo (Bari) il 17 marzo 1898 da Nicola e Santa Catella. Francesca Pellecchia, vedova di Francesco Mariani e residente a Bari, di professione faceva la coltivatrice diretta.

Il 26 giugno 1959 salì sul volo 891 della TWA all’aeroporto di Roma Ciampino per ricongiungersi ai parenti emigrati negli USA, ma non li raggiunse mai. Terrorizzata dall’aereo, durante il volo da Roma era stata consolata dalla persona seduta accanto a lei, ovvero Maria Fermi Sacchetti. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fece ritorno al paese natale.

 

Valerio Reggiani (29 anni)

 

Nato a Selvino (Bergamo) il 4 luglio 1929, figlio del cavaliere del lavoro Arnaldo Reggiani e di Beatrice Giulia Von Wunster. Industriale tessile, Valerio Reggiani era detto “Levo” da familiari, amici e conoscenti tra cui molti imprenditori tessili di Busto Arsizio e del Varesotto. Celibe, laureato in chimica, abitava a Bergamo, dirigeva l’imponente complesso produttivo Reggiani Manifattura S.p.A. - era consigliere delegato - insieme col fratello Duccio: era considerato uno dei giovani brillanti e facoltosi della società “bene” di Bergamo. Assieme al fratello Duccio, “Levo” Reggiani era tra i sostenitori della Valli Bergamasche (detta anche La Valli), gara motociclistica di regolarità organizzata dal Moto Club Bergamo per la prima volta nel 1948 che nel giro di pochi anni divenne una classicissima e nel 1969 fu inserita tra le prove del Campionato Europeo della Regolarità (nota: la gara verrà poi intitolata Trofeo Levo e Duccio Reggiani alla memoria dei due fratelli).

 

 

Valerio “Levo” Reggiani

Dopo aver rifiutato la proposta del fratello Duccio di trascorrere il week-end in compagnia di amici in una villa sul mare, optò per una vacanza a Parigi e volle recarsi nella capitale francese in aereo, anzichè in auto, visto il persistere del maltempo. Il 26 giugno 1959 con la vettura della ditta coprì la distanza da Bergamo alla Malpensa: per fare prima, anzi, si mise al volante al posto dell’autista che lo accompagnava, Giovanni Sperani. Giunto in aeroporto in ritardo, Reggiani fu l’ultimo a fare il biglietto e venne invitato dal personale della TWA ad attendere il volo successivo; lui, invece, si precipitò sulla pista dirigendosi di corsa verso il Super Constellation già coi motori accesi e, poichè non era la prima volta che partiva dallo “scalo della brughiera” e proprio di venerdì, venne riconosciuto dai membri dell’equipaggio: il personale accostò di nuovo la scaletta, riaprì il portellone del velivolo e lo fece salire. Rientrando a Bergamo, dall’autostrada l’autista Sperani vide il quadrimotore precipitare e tornò alla Malpensa col presentimento della tragedia di cui poi ricevette la conferma. Sul destino del giovane Reggiani familiari e amici commentarono: «Ha fatto tardi, ma non abbastanza». Sabato 27 giugno le maestranze della ditta posero sul suo tavolo di lavoro un mazzo di rose rosse. La sua salma fu prelevata dalla basilica di Busto Arsizio prima delle esequie e portata nella chiesa protestante valdese di via Vittorio Emanuele a Bergamo.

 

 

1960 - “Levo” Reggiani ricordato in occasione della 13ª edizione della Valli Bergamasche di cui era sostenitore assieme al fratello Duccio (foto di proprietà Moto Club Bergamo)

 

Emilio Sarchi (34 anni) e sua moglie Natalina Suardi (29)

 

Emilio Sarchi, nato a Milano il 16 giugno 1925 da Giovanni e Teresa Botticelli. Era dirigente della fabbrica Sarchi Giovanni e figli (di cui era titolare insieme con la sorella Adele) specializzata in forniture per orologeria. Natalina Suardi, nata a Milano il 1° agosto 1929, figlia di Francesco e Cesarina Gualdoni, ex campionessa di pattinaggio su rotelle, casalinga.

I giovani coniugi erano residenti a Milano e approfittando del lungo “ponte” festivo [il 29 giugno era ancora giornata festiva nel 1959] Emilio convinse Natalina a seguirlo in Francia, unendo a un impegno di lavoro una breve vacanza. Così, i due lasciarono l’appartamento milanese di viale Papiniano e affidarono il bambino piccolo (sei anni), Giorgio, ai nonni e alla domestica. Emilio e Natalina, sposati da dieci anni, entrambi praticanti sport, per quella breve gita a lungo desiderata decisero di tornare a Parigi che fu la meta del loro viaggio di nozze. Coronavano finalmente un sogno, ma l’occasione colta per rivivere la luna di miele che iniziò la vita a due li portò, sempre insieme, a chiudere la loro avventura terrena. I loro familiari il 26 giugno 1959 giunsero a Olgiate Olona a mezzanotte circa e vollero affrontare la tragica visione della fusoliera contenente i resti carbonizzati delle vittime: si dovette allontanarli a fatica. Gli stessi parenti ricordarono che Emilio, tifoso dell’Inter, ritagliando da un giornale l’articolo sulla tragedia del “grande Torino”, commentò: «Deve essere terribile morire su un aereo». Le salme dei coniugi Sarchi furono portate al cimitero Monumentale di Milano.

 

 

Emilio Sarchi

 

Natalina Suardi

 

(2009) Giorgio Sarchi (figlio) ci ha raccontato:

«Era un giorno d’estate del 1959. Avevo appena terminato la prima elementare. Io abitavo coi genitori al quarto piano di uno stabile in viale Papiniano, a Milano; al piano di sotto abitavano gli zii con mio cugino Alberto: due ragazzini praticamente della stessa età, quaranta giorni di differenza; eravamo sempre insieme a scuola, nei giochi come in vacanza, come sempre insieme erano i nostri genitori che lavoravano nell’azienda fondata dal nonno dieci anni prima. Eravamo praticamente due fratelli. Quel giorno, il 26 giugno, la mamma stava provando degli abiti da portare con sè per il loro primo viaggio da soli dopo la mia nascita. Non mi sembra di aver chiesto che mi portassero con loro. Sarebbe stato solo un weekend. Insistetti, invece, affinchè portasse l’abito nero con le rose rosse che mi piaceva tanto. È l’ultimo ricordo che ho. Poi una grande agitazione con tutti i nonni per casa: mi colpiva la loro espressione di dolore che non riuscivo a capire. E la domanda che devo aver fatto un’infinità di volte: ma quando tornano? Non ho memoria delle risposte. Mi ricordo, però, che qualcuno dopo un tempo interminabile me lo disse: «Non tornano più, sono in cielo». E così, dalla sera alla mattina, i miei zii, mio cugino, la loro casa sono diventati la mia nuova famiglia, semplicemente, per amore. Non posso dire di aver subìto particolari traumi per questo: è come se fossi stato travasato in un ambiente che era già mio. Da allora, sono cresciuto come se non avessi perduto i genitori, anzi ricordo che qualche anno dopo lo zio mi chiese: «Vuoi chiamarmi papà e la zia mamma?». È forse la più bella domanda che mi sia stata mai fatta. Sono stato molto fortunato. Per anni il mio nuovo papà e la mia nuova mamma hanno combattuto a mio nome una difficile causa di risarcimento contro la TWA: e alla fine l’hanno vinta, consentendomi di avere una base per il futuro. Non sarò loro mai abbastanza riconoscente: ho perso e contemporaneamente trovato una famiglia. Credo che per un bambino di sei anni sia tutto».

 

Venerdì 26 giugno 2009 Giorgio Sarchi ha partecipato a Olgiate Olona alla commemorazione del 50° con lo zio divenuto “nuovo papà” dopo la tragedia.

 

George Ellis (48 anni) e sua moglie Marguerite Cambet (51)

 

George Ellis era nato a Walthamston (Londra) il 2 settembre 1910 da Isaac ed Elizabeth Quail originari di Belfast. Entrò a far parte della TWA nel 1946 dopo sette anni di servizio militare; nel 1952 divenne supervisore commerciale nel reparto cargo. Sua moglie Marguerite Cambet era nata a Parigi il 15 novembre 1907 da Marius e Louisenicole Cambet.

Il 26 giugno 1959 salirono sul Super Constellation ad Atene; le loro salme vennero identificate a fatica e furono portate a Parigi. George e Marguerite lasciarono una figlia adottiva dell’età di 3 anni.

 

 

Luglio 1951 - Foto di gruppo dei dipendenti della TWA in servizio a Parigi, George Ellis è il quarto da destra

 

Percy Charles Nicholls (44 anni)

 

 

Percy Charles Nicholls

Nato a Londra il 23 marzo 1915 da Ernest e Clare Nicholls. Percy Charles Nicholls era il direttore del reparto design di Simpson, grande magazzino di Piccadilly a Londra.

Il 26 giugno 1959 Nicholls (soprannominato Nick) viaggiava sull’aereo insieme al collega e amico Albert John Palmer: abitavano a pochi metri l’uno dall’altro a Morshead Mansions (Londra) ed erano reduci da un giro per affari in alcune grandi città europee che sarebbe terminato a Parigi. Percy Charles lasciò la moglie Irene Amelia e tre figli.

 

F. Brame - direttore generale di Simpson - commentò: «Albert e Percy avevano un futuro brillante nel mondo del lavoro e la loro scomparsa rappresenta una enorme perdita per la nostra azienda. Erano due tra i nostri giovani più efficienti».
Giacché i resti di Nicholls e del collega Palmer non furono identificati, una targa metallica recante i loro nominativi fu posta sopra la bara contenente resti di corpi mortali non riconducibili a nessuna delle vittime, bara contrassegnata col numero 67 tumulata il 5 luglio 1959 nel cimitero di Busto Arsizio e spostata il 24 luglio 1980 in un loculo del medesimo camposanto dove il 3 luglio 1997 furono collocati anche i resti mortali delle due vittime statunitensi Corinne e Michael Martino inumati nel cimitero bustocco il 5 luglio 1959. Tali elementi storici furono appurati solo nel 2010 durante la ricognizione del suddetto loculo.

 

 

Percy Charles Nicholls con la moglie Irene Amelia

 

Sophie Bailie - nipote di Percy Charles Nicholls, con Jennifer Ann e Jeremy Nicholls (figli dello stesso) e Frédéric, India e Timothy (nipoti di Percy) - ha scritto nel giugno 2010:

«Io e la mia famiglia non sappiamo come ringraziare per tutto ciò che le persone coinvolte hanno fatto per ricordare le vittime di questo incidente aereo. Ho appena riferito a mia madre le notizie che avete raccolto su Percy, vi posso dire che siamo tutti in lacrime! Ma, cosa buona, siamo tanto felici! Per noi è un onore venire nella vostra città e potervi incontrare. Non vi nascondo che noi siamo veramente in uno stato emozionale intenso, perché sono trascorsi cinquanta anni e io personalmente non ho mai conosciuto mio nonno, ma queste ricerche hanno spalancato un varco nel cuore mio, di mia mamma e dei miei zii: è difficile interpretarli per iscritto!».

 

Il giorno 19 giugno 2010 - alla presenza di Jeremy e Jennifer Ann e dei loro figli: Frédéric, Sophie, India and Timothy - le ceneri di Irene Amelia Nicholls sono state inumate accanto alle spoglie del marito Percy Charles nel cimitero di Busto Arsizio, esaudendo così l’ultimo desiderio di Irene.
Lo stesso giorno i familiari di Percy Charles sono stati ricevuti in municipio a Olgiate Olona dal sindaco Giorgio Volpi col quale poi hanno visitato il monumento al disastro aereo di via 26 giugno.

All’indomani della visita a Olgiate Olona e Busto Arsizio, Sophie ha inviato questo messaggio:

«Voglio ringraziarvi sinceramente per l’accoglienza di sabato 19 giugno 2010. Grazie ancora per tutto il vostro aiuto e il lavoro che avete svolto per riunire Irene Amelia e Percy Charles. Sono felice di sapere che riposano ora tutti e due nello stesso luogo. Ho trascorso una giornata formidabile e piena di emozioni ascoltandovi parlare della tragedia di questo disastro aereo. Io non ho mai conosciuto mio nonno, ma grazie alle vostre ricerche, al vostro volume, fa parte della mia vita per il futuro. Spero a molto presto e ancora grazie per tutto».

 

 

Il loculo situato nel cimitero di Busto Arsizio dove riposano quattro vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959

 

Loculo di Irene Amelia, dal giugno 2010 riposa assieme al marito Percy Charles nel cimitero di Busto Arsizio

 
Albert John Palmer e Percy Charles Nicholls non furono identificati

 

LA VERITÀ NASCOSTA RIEMERSA DOPO LA MORTE DI IRENE AMELIA NICHOLLS E IL SUO DESIDERIO DI ESSERE RICONGIUNTA AL MARITO

Nella seconda decade di giugno 2010, Alberto Colombo su richiesta dei familiari di Percy Charles Nicholls - una delle quattro vittime del disastro aereo che dal 5 luglio 1959 riposano nel cimitero di Busto Arsizio - si premurò di organizzare la loro accoglienza a Olgiate Olona e di verificare la fattibilità di esaudire il loro desiderio: ricongiungere le ceneri di Irene Amelia Nicholls - venuta a mancare nel febbraio 2010 - con i resti del marito Percy Charles.

Grazie alla collaborazione preziosa e amichevole della società di onoranze funebri Caccia services, Alberto Colombo contattò i responsabili dei Servizi cimiteriali del Comune di Busto Arsizio che prospettarono l’impossibilità di collocare le ceneri di Irene Amelia Nicholls nello stesso loculo contenente i resti di Percy Charles Nicholls; quale alternativa proposero la possibilità di collocare in una cella di nuova concessione le ceneri di Irene Amelia Nicholls e i resti di Percy Charles Nicholls.
A tale scopo, i Servizi cimiteriali di Busto Arsizio effettuarono nel pomeriggio del 17 giugno 2010 la ricognizione del loculo ubicato nell’arcata E7 contenente i resti delle quattro vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959, alla presenza di Alberto Colombo a ciò delegato dai familiari di Percy Charles Nicholls. Tale operazione portò a una scoperta inattesa che fece emergere una novità storica: Percy Charles Nicholls e Albert John Palmer, i due britannici colleghi di lavoro morti nel disastro di Olgiate Olona, non furono mai identificati. La grande cassa di zinco di fattura degli anni Cinquanta del Novecento recante una piccola targa metallica con la scritta “Nicholls Percy Palmer Albert” si rivelò essere la bara contrassegnata col numero “67” nel 1959 e definita dall’Autorità giudiziaria “bara con resti umani”, quella contenente pezzi di cadavere appartenuti a più vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959 e non riconducibili a nessuno di loro.

La sera del 18 giugno 2010 giunse a Olgiate Olona il gruppo di familiari di Percy Charles Nicholls guidato dai figli della vittima: Jennifer Ann Marchand (abitante nella Confederazione elvetica) e Jeremy Nicholls (residente in Canada).
La mattina seguente Alberto Colombo espose ai familiari di Percy Charles Nicholls la situazione, l’esito della ricognizione e confermò loro l’impossibilità di riunire i resti mortali di Percy Charles e di sua moglie Irene Amelia.

Il 19 giugno 2010 i familiari di Percy Charles Nicholls assistettero, presente Alberto Colombo, prima alla ricollocazione nel loculo dell’arcata E7 dei resti mortali delle quattro vittime del disastro aereo e alla sigillatura del loculo, poi all’inumazione delle ceneri di Irene Amelia Nicholls. La lapide sulla cella recita: “Irene Amelia Nicholls (1920-2010) moglie di Percy Charles vittima disastro aereo Olgiate Olona 1959”.
Dopo la tappa al cimitero di Busto Arsizio, il 19 giugno 2010 i familiari di Percy Charles Nicholls, sempre accompagnati da Alberto Colombo, furono ricevuti in municipio a Olgiate Olona dal sindaco Giorgio Volpi col quale poi visitarono il monumento al disastro aereo di via 26 giugno.

Per leggere la notizia completa:
Percy Charles Nicholls e Irene Amelia Nicholls di nuovo insieme - L’inedita verità storica

 

Albert John Palmer (42 anni)

 

Nato a Londra il 1° giugno 1917 da Albert e Rosa Palmer. Albert John Palmer era capo servizio pubblicità e membro del comitato esecutivo dell’azienda Simpson, grande magazzino di Piccadilly a Londra, per la quale lavorava da 21 anni.

Il 26 giugno 1959 viaggiava sull’aereo insieme al collega e amico Percy Charles Nicholls: abitavano a pochi metri l’uno dall’altro a Morshead Mansions (Londra) ed erano reduci da un giro per affari in alcune grandi città europee che sarebbe terminato a Parigi. Quel viaggio di routine che avrebbe garantito risultati positivi alla loro professione e all’azienda per cui lavoravano determinò, al contrario, la tragica fine della loro esistenza. F. Brame - direttore generale di “Simpson” - commentò: «Albert e Percy avevano un futuro brillante nel mondo del lavoro e la loro scomparsa rappresenta una enorme perdita per la nostra azienda. Erano due tra i nostri giovani più efficienti». Albert John lasciò la moglie Patricia e il figlio Christopher.

Giacché i resti di Palmer e del collega Nicholls non furono identificati, una targa metallica recante i loro nominativi fu posta sopra la bara contenente resti di corpi mortali non riconducibili a nessuna delle vittime, bara contrassegnata col numero 67 tumulata il 5 luglio 1959 nel cimitero di Busto Arsizio e spostata il 24 luglio 1980 in un loculo del medesimo camposanto dove il 3 luglio 1997 furono collocati anche i resti mortali delle due vittime statunitensi Corinne e Michael Martino inumati nel cimitero bustocco il 5 luglio 1959. Tali elementi storici furono appurati solo nel 2010 durante la ricognizione del suddetto loculo.

 

 

Albert John Palmer

 

Il loculo situato nel cimitero di Busto Arsizio dove riposano quattro vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959

 
Albert John Palmer e Percy Charles Nicholls non furono identificati

 

LA VERITÀ NASCOSTA RIEMERSA DOPO LA MORTE DI IRENE AMELIA NICHOLLS E IL SUO DESIDERIO DI ESSERE RICONGIUNTA AL MARITO

Nella seconda decade di giugno 2010, Alberto Colombo su richiesta dei familiari di Percy Charles Nicholls - una delle quattro vittime del disastro aereo che dal 5 luglio 1959 riposano nel cimitero di Busto Arsizio - si premurò di organizzare la loro accoglienza a Olgiate Olona e di verificare la fattibilità di esaudire il loro desiderio: ricongiungere le ceneri di Irene Amelia Nicholls - venuta a mancare nel febbraio 2010 - con i resti del marito Percy Charles.

Grazie alla collaborazione preziosa e amichevole della società di onoranze funebri Caccia services, Alberto Colombo contattò i responsabili dei Servizi cimiteriali del Comune di Busto Arsizio che prospettarono l’impossibilità di collocare le ceneri di Irene Amelia Nicholls nello stesso loculo contenente i resti di Percy Charles Nicholls; quale alternativa proposero la possibilità di collocare in una cella di nuova concessione le ceneri di Irene Amelia Nicholls e i resti di Percy Charles Nicholls.
A tale scopo, i Servizi cimiteriali di Busto Arsizio effettuarono nel pomeriggio del 17 giugno 2010 la ricognizione del loculo ubicato nell’arcata E7 contenente i resti delle quattro vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959, alla presenza di Alberto Colombo a ciò delegato dai familiari di Percy Charles Nicholls. Tale operazione portò a una scoperta inattesa che fece emergere una novità storica: Percy Charles Nicholls e Albert John Palmer, i due britannici colleghi di lavoro morti nel disastro di Olgiate Olona, non furono mai identificati. La grande cassa di zinco di fattura degli anni Cinquanta del Novecento recante una piccola targa metallica con la scritta “Nicholls Percy Palmer Albert” si rivelò essere la bara contrassegnata col numero “67” nel 1959 e definita dall’Autorità giudiziaria “bara con resti umani”, quella contenente pezzi di cadavere appartenuti a più vittime del disastro aereo del 26 giugno 1959 e non riconducibili a nessuno di loro.

Per leggere la notizia completa:
L’inedita verità storica: Albert John Palmer e Percy Charles Nicholls non furono identificati

 

Farid Geargeoura (47 anni)

 

Nato ad Alexandria (Egitto) l’11 ottobre 1911 da Towsic e Rosa Asaad. Sposato, all’epoca della sciagura Farid Geargeoura era residente a Le Chesnay Seine-et-Oise (Francia).

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata al paese di residenza.

 

Jacques Rock (32 anni)

 

Nato a Parigi l’11 settembre 1926 da Maurice e Marguerite Durot.

Il 26 giugno 1959 Jacques Rock si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata a Parigi con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959.

 

Ernest Rotter (51 anni)

 

 

Ernest Rotter

Nato a Mo Kré (Polonia) il 9 giugno 1908 da Max e Regina Manneberg. Ernest (Ernie) Rotter si era laureato in legge dopo aver studiato a Breslau, a Vienna e all’università di Parigi; fece esperienze di lavoro anche come giudice. Nel 1940 lasciò la Francia e partì per il Nord Africa entrando a far parte della Legione Straniera. Nel novembre del 1942 aiutò le truppe americane nella campagna di guerra nordafricana. Nel marzo del 1943 si unì alla Croce Rossa Americana a Casablanca in qualità di assistente amministrativo e pochi mesi dopo venne integrato nel Comando del Trasporto Aereo militare degli Stati Uniti. Residente a Parigi, celibe, entrò a far parte della TWA nel 1946 in qualità di manager del traffico aereo all’aeroporto di Parigi-Orly e più tardi divenne responsabile per le relazioni industriali oltreoceano. Si fece sempre apprezzare per il suo spirito creativo ed il suo entusiasmo. Il periodico della compagnia TWA Skyliner ricordava tra l’altro anche il suo ruolo di Babbo Natale alle feste di Natale nel club degli impiegati della TWA.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Roma Ciampino. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma partì diretta in Francia con il volo speciale TWA 9099/02 venerdì 3 luglio 1959 assieme a quelle delle altre sei vittime francesi del disastro aereo del 26 giugno 1959. Ernest lasciò un fratello, Herbert Rotter di Haifa (Israele).

 

 

1950 - Ernest Rotter - primo a sinistra - al lavoro

 

 

1951 - Ernest Rotter - terzo da sinistra - con dei colleghi durante un torneo di tennis

 

Jeann Renée Rousseau (23 anni)

 

Nata a Oran (Algeria) il 28 dicembre 1935 da René e Simonne Ragot.

Il 26 giugno 1959 Jeann Renée Rousseau imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua sepoltura fu curata dalla sorella che abitava a Parigi.

 

Sonia Labbe Quinteros (24 anni), suo figlio Luis Quinteros Jr. (7)
e sua figlia
Pilar Quinteros (5)

 

Sonia Labbe era nata a Santiago del Cile il 25 gennaio 1935 da Florencio Labbe ed Elena Perez de Echeverria. Il 26 giugno 1959 salì sul Super Constellation ad Atene assieme al figlio Luis Quinteros Jr. (nato nel 1952) e alla figlia Pilar Quinteros - nata a Santiago del Cile il 16 aprile 1954. Erano la moglie e i figli di Luis Quinteros, console cileno a Tokyo (Giappone). Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio le loro salme furono portate negli USA con il volo speciale TWA 9099/02 del 3 luglio 1959. I loro resti raggiunsero poi la città natale.

 

Riportiamo la traduzione di un articolo apparso sul quotidiano del Texas (USA) San Antonio Express and News di domenica 28 giugno 1959:

Olgiate Olona, Italia (Reuters) - I resti di un bambino in braccio alla madre sono stati trovati inaspettatamente sabato notte - tra le lamiere contorte di un aereo di linea della TWA, il numero totale delle vittime sale quindi a 69. Il corpo del piccolo, carbonizzato, ancora abbracciato a sua madre morta, è stato uno degli ultimi ad essere tirato fuori dai rottami dai soccorritori italiani della Croce Rossa in questo villaggio del nord Italia. I funzionari avevano creduto ci fossero solo 68 persone - 59 passeggeri e un equipaggio di nove persone - a bordo del Super-Constellation schiantatosi venerdì. Il bambino non era stato registrato sulla lista dei passeggeri. Sua madre, la signora Quinteros, parrebbe essere la moglie del console cileno a Tokyo. (...)

Considerato che il nome di Luis Quinteros Jr. appare sulla lista passeggeri di diversi viaggi dal 1952 al 1957 unitamente ai nomi di Luis, Sonia e Pilar Quinteros, tutti in possesso di passaporto diplomatico, è praticamente certo che lo stesso bambino sia il passeggero senza nome morto nel disastro aereo di Olgiate Olona e ritrovato tra le braccia di Sonia Labbe Quinteros.
L’essere figlio del console cileno a Tokyo spiega sia come sia potuto accadere che il suo nome non fu riportato sul registro di imbarco della TWA, sia la non divulgazione su nessun documento ufficiale e neppure ai mass media dell’identità del passeggero per cui fu effettuato uno “strappo alla regola”: identità inspiegabilmente sfuggita agli altri organi di informazione (compresi quelli locali) ma non al corrispondente dell’agenzia Reuters; e vicenda inspiegabilmente taciuta da un personaggio diplomatico.
Così stanti le cose per l’anagrafe ufficiale Luis Quinteros Jr. non è mai morto.

 

Hermann Zwi Carmely (53 anni)

 

 

Hermann Zwi Carmely

Nato a Berindia (Romania) il 21 dicembre 1905 da Samuel Chilewitz e Sarah Feinkuchen. Tra i superstiti di una famiglia decimata durante la seconda guerra mondiale e l’Olocausto degli ebrei nell’Europa orientale, Hermann Zwi Carmely si era trasferito in Italia dopo la guerra. Al tempo del disastro aereo viveva a Milano insieme alla moglie, Shoshana Aranka Licht (1910-2001), e al figlio Ted. Avevano un’altra figlia, Lea, sposatasi nel 1957 e trasferitasi negli USA. Carmely era un membro noto e stimato della comunità israelitica milanese. Commerciante di professione, in via Agnello aveva una ditta di stoffe e impermeabili.

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. La sua salma fu prelevata dalla basilica di Busto Arsizio prima delle esequie solenni e venne trasferita alla sinagoga di Milano, da lì proseguì per Tel Aviv.

 

Peter Fröhn (37 anni)

 

Nato ad Aachen (ex Germania Ovest) il 27 aprile 1922 da Lambert e Magdalena Maria. Sposato, Peter Fröhn era residente a Columbus in Georgia (USA).

Il 26 giugno 1959 si imbarcò sul Super Constellation all’aeroporto di Milano Malpensa. I giorni seguenti il disastro aereo alcuni mass media riportarono il cognome “Fröhm”, erroneamente, e quasi tutti indicarono che era di nazionalità austriaca; a scanso di equivoci, il Comune di Olgiate Olona il 28 giugno 1959 inviò un telegramma di cordoglio al consolato austriaco. Dopo le esequie solenni di Busto Arsizio la sua salma fu portata nel suo paese di residenza.

 

Jean Georges Brahamsha (25 anni)

 

Di origine egiziana, era nato a Ondurman (Khartoum, Sudan) il 10 maggio 1934 da George e Alice Shahme.

Dopo il disastro aereo il cognome apparve su alcuni giornali errato e “alla francese”: Brahamanche. La salma di Jean Georges venne trasportata nel Paese d’origine, a Khartoum.